Sabato 20 Aprile 2024

Qatar al centro della scena Attore chiave dopo gli Usa

Doha si accredita come l’unico governo capace di dialogare con il nuovo regime. Ha svolto un ruolo fondamentale per l’evacuazione di migliaia di persone

di Luca Bolognini

Dove non può il calcio, possono i talebani. Il Qatar sta coronando il sogno, inseguito da lunghissimo tempo, di ottenere riconoscimento e prestigio a livello internazionale. Il piccolo Stato del Golfo era convinto che sarebbero stati i Mondiali del 2022 a permettergli di abbandonare per sempre lo status di semplice potenza regionale. Ma la presa di Kabul da parte dei talebani ha drammaticamente accorciato i tempi. Doha ha tenuto vivi i rapporti con i miliziani per anni e ora è ritenuto l’unico governo in grado di dialogare con i nuovi padroni dell’Afghanistan. Una scommessa rischiosa, che però nelle ultime settimane ha pagato enormi dividendi: il Qatar, infatti, ha svolto un ruolo fondamentale nell’aiutare gli Stati Uniti e altri Paesi a far uscire migliaia di persone dal Paese caduto nelle mani degli islamisti radicali. Ora come ora Doha è diventato il punto di riferimento sia per chi cerca di guadagnare influenza in Afghanistan sia per chi vuole fuggire a tutti i costi dal regime.

Nell’ultimo decennio, Doha ha ospitato la leadership politica dei talebani e negoziati di pace tra gli Stati Uniti, il governo afghano e i miliziani. Il Qatar è stato anche l’intermediario tra gli Usa e i fondamentalisti durante i negoziati per il rilascio del sergente Bowe Bergdahl.

E non appena i talebani hanno preso il controllo di Kabul, il mondo ha capito quanta influenza il piccolo Stato del Golfo avrebbe potuto esercitare sui guerriglieri: le immagini della presa del palazzo presidenziale di Kabul sono state date in esclusiva ad Al Jazeera, network di proprietà dello Stato qatariota. Ma sono state le operazioni di supporto alle evacuazioni – oltre il 40% degli americani che ha lasciato il Paese è transitato dal Qatar – a far lievitare le azioni di Doha sullo schacchiere internazionale. Tanto che ieri gli Al Thani hanno chiesto ufficialmente ai talebani di aprire un corridoio umanitario. E non a caso Usa, Regno Unito e Olanda hanno deciso si spostare le rispettive ambasciate che operavano in Afghanistan proprio a Doha. Questo prestigioso ruolo di mediazione, ovviamente, comporta anche grandi rischi. Il problema numero uno che dovrà risolvere l’emiro Tamin bin Hamad Al Thani sarà quello se riconoscere o meno il governo talebano. "Li conoscono bene e sanno che quello che accadrà in Afghanistan – ha spiegato Cinzia Bianco dello European Council on Foreign Relations al Washington Post – sarà orribile. Non vogliono assolutamente che la loro immagine sia associata a quella dei talebani".

Un’indicazione su quale piega potrebbero prendere gli eventi arriverà dalla disputa sull’aeroporto internazionale di Kabul. Il Qatar sta tentando di convincere i miliziani al compromesso: "Non vogliono forze di sicurezza straniere, ma – ha detto il ministro degli Esteri qatariota – stiamo cercando di spiegare loro che per operare all’interno di standard minimi non basta controllare il perimetro dello scalo". E nel frattempo è scattato il pressing sul resto della comunità internazionale: "Se i talebani formeranno un governo inclusivo e dimostreranno di non voler riportare indietro il Paese, bisognerà tenerne conto". I recenti linciaggi di cittadini aghani in jeans e l’annunciata esclusione delle donne dai ruoli governativi, purtroppo, non promettono bene. E se il Qatar, con i talebani, finirà in netto fuorigioco, anche la vetrina dei Mondial rischia di tramutarsi in un clamoroso autogol.