Martedì 16 Aprile 2024

Putin provoca: nave da guerra nello Ionio

Alta tensione al largo della Puglia, l’incrociatore russo Varyak passa a 150 miglia dalla costa. Poi inverte la rotta e si allontana verso Creta

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di Giovanni Rossi

Bandiera russa, pericolo! Nelle spiagge del Salento il mare è cristallino e il sole splende, ma bagnini e bagnanti apprendono dal web che la Marina del Cremlino fa passerella in zona. Inultile aguzzare lo sguardo: l’incrociatore Varyak – gemello del Moskva affondato nel Mare Nero – solca lo Jonio per giorni, ma restando in acque internazionali, a una distanza variabile tra 150 e 300 miglia dalle coste pugliesi. L’incrociatore russo, accompagnato dal cacciatorpediniere Tributs, naviga tra Italia e Grecia per puro disturbo delle marinerie Nato. Non a caso, negli stessi giorni la portaerei americana Harry Truman è segnalata nell’area. I russi vogliono farsi notare, ricordare che ci sono e debbono essere tenuti sotto controllo. Ecco, lo scopo è tutto lì: allarmare i paesi costieri del Mediterraneo, tanto più che la stagione delle vacanze preme ormai sul calendario. Missione compiuta. Sporcati i radar, esaurite le schermaglie, ieri pomeriggio il Varyak vira in direzione sud-est, apparentemente in rotta verso Creta, probabilmente con l’idea di sollecitare nuovi avvistamenti e infastidire Atene.

Sono mesi che l’ammiragliato di Mosca impone la sua ingombrante presenza a tutto il Mediterraneo. Queste azioni dimostrative, rivelatrici di una postura aggressiva, sono gestite da un numero crescente di unità navali: addirittura 20, inclusi due sommergibili "con capacità missilistiche strategiche", ricorda il capo di Stato maggiore della Marina, ammiraglio Enrico Credendino. Un termine di paragone? Nel 2016 la flotta russa nel Mediterraneo era di una sola unità. Oggi Mosca recita un altro ruolo: vedi segnalazione nel Canale di Sicilia, in marzo, del sottomarino nucleare Squalo e di altri mezzi in superficie.

Concorrrono all’espansione navale non solo la volontà putiniana di lucidare l’immagine di superpotenza, ma anche la chiusura dello Stretto del Bosforo alle unità militari, imposta dalla Turchia per limitare gli accessi al Mar Nero. Così la Marina russa largheggia nel Mediterraneo potendo anche contare sulla insostituibile base logistica nel porto siriano di Tartus, per gentile concessione della dinastia Assad. La base navale è di fatto territorio russo dal 1971. Il premio per il sostegno a Damasco nella guerra civile siriana è la proroga della sovranità russa su Tartus per altri 49 anni. Una richiesta di Mosca del 2017 per ampliare l’installazione rendendola accessibile a 11 navi da guerra inclusi mezzi a propulsione nucleare. "Il Mediterraneo – avverte l’mmiraglio Credendino – catalizza gli interessi di attori statuali e non, con ambizioni globali. Ciò comporta per il nostro Paese una sempre crescente responsabilità per garantire l’equilibrio dell’intero bacino". Controllo e deterrenza. La Marina fa buona guardia. Per ora nessuno sforamento è mai avvenuto nelle acque nazionali.