"Putin non ascolta e non si ferma" Fallisce anche la missione austriaca

Il cancelliere Nehammer: "Non è stato un colloquio amichevole. Parole chiare e dure sui crimini di guerra"

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di Giovanni Rossi

Missione fallita. "Duro, franco, non amichevole". Il primo colloquio di un leader occidentale a Mosca dopo l’invasione ucraina si chiude dopo 75’ di calibrata contrapposizione. Il cancelliere austriaco Karl Nehammer esce dalla residenza di Vladimir Putin a Novo Ogaryovo sintetizzando un negoziato senza sbocchi. Il tentativo di convincere lo zar "che questa guerra deve finire, perché in una guerra ci sono solo perdenti", cade nel vuoto diplomatico. Putin non ascolta. Non offre aperture: solo brandelli di speranza nei colloqui turchi, peraltro già traditi nello spirito e sul campo dopo i falsi messaggi distensivi sulla riduzione radicale delle attività belliche. Dall’ambasciata austriaca a Mosca, Nehammer non accredita aperture: "Nessuna impressione positiva, l’offensiva russa proseguirà": nell’est dell’Ucraina l’Armata Rossa "sta preparando un attacco brutale e massiccio", perché Putin "diffida della comunità internazionale e del diritto internazionale". Secondo il cancelliere, lo zar manifesta fiducia solo "nel processo di Istanbul e nei colloqui in Turchia, unico formato possibile per un confronto".

Nehammer, già in visita a Kiev, replica anche alle perplessità di chi gli rimprovera la trasferta a Mosca: "Non sarei qui se Zelensky fosse stato contrario". Ancora: "Non esiste un embargo diplomatico: ogni piccolo passo è importante. Una cosa è telefonare a qualcuno, un’altra guardarlo negli occhi". Per spiegare "senza mezzi termini, che finché le persone moriranno in Ucraina, le sanzioni contro la Russia continueranno a essere inasprite". "L’Unione europea – insiste il leader viennese – su questa questione è unita come non mai". Così come sui crimini di guerra. "Come chiarito a Putin – è l’intimazione –, tutti i responsabili dovranno essere puniti" e "c’è la necessità urgente di corridoi umanitari per portare acqua e cibo alle città e salvare feriti, donne e bambini".

Il Cremlino non replica direttamente. Affida il fastidio di giornata alle parole del ministro degli Esteri Sergej Lavrov, che alle telecamere di Rossiya-24 conferma che non ci sarà alcuna tregua e ribalta su Kiev la responsabilità di colloqui non accompagnati da un cessate-il-fuoco. Insomma, nessuna via d’uscita. Mosca vede il tavolo turco solo come luogo di ratifica delle conquiste ottenute sul campo. Una dinamica smaccata che Kiev può contrastare solo combattendo. E la guerra continua.

"L’aggressione russa può essere qualificata con due parole. La prima è fallimento. La seconda è orrore per le conseguenze sul piano umanitario", dichiara l‘alto rappresentante dell’Ue Josep Borrell. Non solo: i russi colpiscono l’export di grano ucraino con lanci sui silos, bombe nei campi e divieti navali esponendo soprattutto "l’Africa alla crisi alimentare". Le sanzioni non bastano. Ma secondo Borrell, nell’immediato neppure la rinuncia al petrolio russo cambierebbe la situazione: "Per questo aiuteremo gli ucraini nel solo modo in cui possiamo farlo: dal punto di vista militare". "L’Ucraina ha bisogno di altro sostegno, innanzitutto di armi pesanti – apre la ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock –. Non è tempo di pretesti ma di creatività e pragmatismo". E il presidente ucraino Volodymyr Zelensky chiede alla Corea del Sud "sistemi di difesa aerea, aerei, carrarmati, sistemi di artiglieria". Kiev prova a resistere. Lo schema è questo. E non ce n’è un altro.