Mercoledì 24 Aprile 2024

Putin e l’arma del gas Chiuso il Nord Stream 1, tagliata la fornitura italiana Europa verso l’austerity

Bruxelles teme sia solo il primo passo verso il blocco totale dei flussi. La Germania sarebbe il Paese più colpito, il governo ricorre al carbone. Nel nostro Paese non si esclude un piano per razionare i consumi

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Antonio

Troise

Gli anni ’70 del Novecento, durante la prima grande crisi petrolifera, sono passati alla storia come l’epoca dell’austerity, con le domeniche senza auto e il taglio dei consumi elettrici. Ora la parola chiave è "sobrietà", ma i sacrifici non cambiano. Dovremo stringere la cinghia e consumare meno gas. Da ieri la Russia ha infatti chiuso i rubinetti del Nord Stream 1, la più importante infrastruttura per il trasporto del gas nel Vecchio Continente. Uno stop di 10 giorni, dettato ufficialmente dalla necessità di lavori di manutenzione straordinari. Ma a Bruxelles si teme che sia solo il primo passo verso la chiusura totale dei rubinetti che rischierebbe di gettare più di un’ombra sul prossimo inverno, quando i consumi toccheranno il picco. Gazprom ha già ridotto di circa un terzo la fornitura all’Italia, passato da 32 a 21 milioni di metri cubi al giorno. "La riduzione annunciata da Gazprom – precisa il Ministero della Transizione ecologica – per l’Italia equivale a circa 10 milioni di metri cubi al giorno, e rappresenta una parte marginale della fornitura giornaliera totale che viene ampiamente compensata dalle altre forniture che il governo si è assicurato con il piano di diversificazione portato avanti negli ultimi mesi". Nel frattempo il prezzo del gas si è di nuovo volato a 170 dollari, per poi assestarsi a quota 164. In ogni caso, dall’inizio di giugno ad oggi, il rincaro è stato del 120%.

Spetta al Mite decidere se passare dallo stato attuale di "pre-allarme" alla fase successiva, quella di "allarme". In questo caso non sarebbero toccate le utenze domestiche, ma le industria dovrebbero auto-ridursi i consumi e potrebbero scattare la clausole di interruzione per i cosiddetti contratti "interrompibili", destinati per lo più alle aziende energivore. Non è escluso che ci possano essere piani di riduzione dell’illuminazione pubblica e dei consumi negli uffici controllati dallo Stato. Ma se la Russia dovesse chiudere del tutto i rubinetti, il livello di allarme potrebbe salire ulteriormente fino a trasformarsi in una vera e propria emergenza. A questo punto, oltre all’uso intensivo delle centrali a carbone, scatterebbe il razionamento del riscaldamento anche nelle nostre case. Secondo uno studio dell’Enea, riducendo di un grado i termostati dei termosifoni da 20 a 19 gradi, facendo slittare di un’ora l’accensione degli impianti e prevedendo un taglio di 15 giorni del periodo dell’accensione, potremmo risparmiare il 10% degli attuali consumi e 180 euro a famiglia per le bollette.

Il Paese più colpito da una eventuale chiusura dei rubinetti è la Germania. Domani il governo tedesco deciderà le misure per riattivare le centrali a carbone e lignite che avrebbero dovuto chiudere i battenti entro quest’anno. La mossa dovrebbe coprire circa l’1% del consumo di gas. Secondo alcuni centri di ricerca, in caso di interruzione completa dei rifornimenti, la perdita sfiorerebbe il 6% del Pil. l ministro dell’Economia Robert Habeck ha detto che il Governo è consapevole che in caso di emergenza il gas deve essere condiviso tra i Paesi europei.