Giovedì 18 Aprile 2024

Putin e gli altri Sono dittatori ma non si dice

Roberto

Giardina

Alexander Navalny ci ha sorpreso. In agosto venne salvato in extremis a Berlino, dopo essere stato avvelenato nella sua Russia. Eppure domenica è tornato a Mosca per finire in galera, come sapeva, per ordine di Putin che lo vorrebbe morto. Lo Zar smentisce: per me è un oppositore senza importanza. Ma perché lo chiamo Zar, come Nicola II, l’ultimo dei Romanov trucidato dai bolscevichi? Forse per esorcizzare il termine ’dittatore’. In questi tempi incerti, molti desiderano l’uomo forte. E si dimentica la storia, un Führer, un Duce, non pensano a noi, solo al potere.

I turchi che vivono in Germania, e godono delle libertà democratiche, votano in maggioranza per Erdogan, illusi che dia prestigio alla Turchia, e ricrei lo scomparso impero ottomano. Loro e noi lo chiamiamo ’Sultano’, come Maometto II che conquistò Costantinopoli. Il dittatore Erdogan manda in galera chi dissente. Come il presidente egiziano Al Sisi, il dittatore che nasconde gli assassini di Regeni. Meglio chiamarlo ’Faraone’, così abbiamo meno scrupoli se gli vendiamo due navi da guerra.

Con Xi Jinping l’economia va bene, e i cinesi comprano il Made in Italy. Dittatore? È il presidente eletto dal popolo, basta usare le parole giuste, se no si offendono. Gheddafi era il ’Rais’, il signore del deserto. La Libia con lui era un paese ordinato, con i dissidenti, quattro gatti, al sicuro in galera. Era un dittatore il tunisino Ben Ali, un amico dell’Italia. A Tunisi mi dicevano, che c’importa se ruba, se con lui viviamo meglio.

Perché Navalny è tornato a casa? Non lo so. Ricordo d’aver parlato con Solgenitsyn appena fu espulso dalla Russia, anche lui in Germania. Era libero, eppure triste. Con l’esilio aveva perduto la sua patria, che per uno scrittore è la sua lingua. Navalny a Berlino era al sicuro, e si sentiva inutile. Un dittatore ci toglie l’anima, ovunque si fugga.