Giovedì 18 Aprile 2024

Putin allenta la pressione (a parole) "Sono pronto a parlare con Kiev"

Lo zar in Kazakistan: "Attacchi su vasta scala non più necessari, ma la Nato non mandi truppe in Ucraina"

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di Alessandro Farruggia

Lo zar non si pente e rifarebbe tutto. Ma tatticamente torna ad avanzare la disponibilità a trattare. Naturalmente, come ha chiarito l’altroieri il suo portavoce Peskov, per ottenere gli stessi obiettivi. È sostanzialmente una richiesta di resa mascherata, che ai suoi occhi, anche se non portasse alla firma di un trattato di pace, servirebbe a guadagnare tempo per riorganizzare il suo esercito e avere operativi i 222mila coscritti per una nuova decisiva fase della guerra, nel 2023.

Rispondendo in conferenza stampa al termine del vertice Cica a Nursultan (dal 2019 il nome di Astana), in Kazakistan, Putin ha sfoderato tutto il suo orgoglio: "Non mi pento di niente. Voglio chiarire: quello che sta accadendo oggi è, per usare un eufemismo, spiacevole, ma avremmo avuto la stessa cosa un po’ più tardi, solo in condizioni peggiori per noi. Quindi stiamo agendo in modo corretto e tempestivo, stiamo facendo tutto bene". Il leader del Cremlino ha ammesso che da India e Cina non mancano le pressioni per giungere ad una soluzione negoziata: "Sono nostri alleati e partner, e rispettiamo la loro posizione. Ma conosciamo anche la posizione di Kiev: continuano a dire che vogliono un negoziato, ma poi hanno adottato una decisione ufficiale che proibisce ogni trattativa con noi".

Come altre volte, la linea di Putin è che sono gli ucraini a non voler trattare. "Da parte mia, come sapete – ha detto – quando ho parlato di prendere una decisione sui membri costituenti della Federazione ho detto che eravamo aperti e siamo sempre stati aperti ai negoziati. Abbiamo persino raggiunto alcuni accordi a Istanbul e questi accordi sono stati quasi siglati. Ma non appena le nostre truppe si sono ritirate da Kiev, le autorità ucraine hanno immediatamente perso il desiderio di tenere i negoziati e questo è ciò che è successo. Forse ora saranno necessari gli sforzi di mediazione di tutte le parti interessate. Resta il fatto che la Federazione russa si è sempre dimostrata aperta ai negoziati, se Kiev è matura per affrontarli".

Per riprendere a trattare il mediatore ideale per Putin sarebbe il leader turco Recep Tayyip Erdogan, che ha già "svolto un ruolo significativo nella risoluzione di una serie di problemi" oppure gli Emirati Arabi Uniti "che si sono offerti di svolgere un ruolo di mediazione".

Putin ha anche chiarito che i tempi non sono invece maturi per un faccia a faccia con Biden al margine del G20. "Non c’è alcune necessità – ha detto – di un colloquio con il presidente degli Stati Uniti" precisando che la sua stessa partecipazione al G20 "non è stata ancora decisa". Putin vuole trattative di medio livello, che arrivino ad un cessate il fuoco e poco più. Naturalmente per Mosca negoziare significa tenere la Crimea e il Donbass, anche se forse è disponibile a cedere una parte delle province di Kherson e Zhaporizhia e di Donetsk, e ad ottenere garanzie che Kiev riduca la su potenza militare e, ovviamente, non entri nella Nato. Per Kiev queste sono richieste inaccettabili.

Putin anche stavolta ha alternato ramoscelli d’ulivo ("l’obiettivo della Russia non è, ovviamente, quello di distruggere l’Ucraina" e "al momento non c’è bisogno di altri attacchi massicci") ad avvertimenti ("se i corridoi del grano sono stati usati per il trasporto degli esplosivi li chiuderemmo") e altolà alla Nato ("l’invio di truppe della Nato in Ucraina sarebbe molto pericoloso, un confronto diretto Russia-Occidente rischierebbe di causare una catastrofe globale") e a Biden.

Il clima tra Russia e Stati Uniti resta gelido, e a farne le spese è il trattato per la riduzione delle armi strategiche, il New Start, entrato in vigore nel 2011 e che, dopo l’estensione ratificata dai due Paesi nel 2021, dovrebbe proseguire fino al 2026. Adesso Mosca accusa Washington di non dichiarare tutte le armi di cui effettivamente dispone. "La quantità di armi strategiche offensive dichiarata dagli Stati Uniti – secondo il Ministero degli Esteri russo – non tiene conto di 41 bombardieri pesanti B-52H, che la parte americana ha annunciato di aver riequipaggiato, e dei relativi armamenti nucleari, così come di 56 lanciatori di Slbm Trident II (missili balistici che si lanciano dal mare), anche questi riequipaggiati , e di quattro silos Icbm che Washington ha rinominato silos di addestramento, allo scopo di escluderli dal conteggio". "La parte russa – accusa – non può confermare che queste armi strategiche offensive siano state disattivate". Una riprova del clima di sfiducia reciproca e guerra fredda che non aiuterà a trovare una soluione per la crisi ucraina.