Puntiamo solo sui progetti che alzano il Pil

Davide

Nitrosi

Prima di decidere che fare del Pnrr, dovremmo ricordarci che questo piano di aiuti è nato per risollevare i Paesi sfibrati economicamente dai lockdown e dalla pandemia. L’Europa aveva deciso di sospendere le regole del rigore, lasciando agli Stati la possibilità di spendere a debito per affrontare i costi eccezionali del Covid. L’Italia lo ha fatto con perizia: alla fine del 2019 il nostro debito pubblico era pari a 2.410 miliardi di euro. A fine 2020 aveva raggiunto i 2.603 miliardi, passando dal 138,6% al 158% del Pil. Ora, per diminuire la mole del debito non ci sono molti strumenti. Diciamo che il migliore è fare crescere l’economia. Le altre due opzioni sono pescare i soldi dalle tasche dei cittadini o tagliare tutto il possibile. Meglio lasciarle perdere.

Il Pnrr, con 200 miliardi in prestiti a tassi bassissimi e sovvenzioni a fondo perduto, doveva essere la leva per farci crescere. Ma in che modo? Secondo uno studio di The European House - Ambrosetti, solo determinati investimenti (circa 90 miliardi) possono avere impatti strutturali sul Pil. Effetto che non hanno ad esempio gli investimenti per risolvere problemi pre-esistenti. Se tutto andasse bene, nel decennio 2026-2036 questi investimenti potrebbero fare aumentare il Pil complessivamente del 13%, aiutandoci a diminuire il debito. Non sono solo numeri, ma la chiave per capire che il fallimento del Pnrr non sarebbe un problema solo di chi governa, ma di tutta l’Italia, e colpirebbe soprattutto i giovani ipotecando il loro futuro. Dal prossimo anno, nel migliore dei casi, l’Europa ci chiederà di ridurre la mole del debito e ritornare al rigore pre-Covid: i tempi eccezionali sono finiti. Quindi, quando si discetta su quali progetti del Pnrr salvare – perché siamo a questo punto – c’è solo un criterio da valutare: tenere conto delle scelte che sviluppano il Paese e rafforzano il Pil. Inseguire mille rivoli di spesa non è solo inutile ma pure dannoso.