Processo a Salvini Bossiani all’attacco Ma la Lega rinvia la resa dei conti

Maroni: "Io un nome ce l’ho". Il Senatùr: "Il voto è stato chiaro". Poi il consiglio federale blinda il capo e chiede che diventi ministro

di Andrea Gianni

Accanto a Matteo Salvini il presidente della Regione Veneto Luca Zaia. In prima fila, seduti dietro i banchi come a scuola, anche il governatore lombardo Attilio Fontana, il friulano Massimiliano Fedriga, il vicesegretario federale Lorenzo Fontana. Tutti sorridenti, tranne Zaia.

La foto di gruppo dei 36 partecipanti al consiglio federale in via Bellerio (una sola donna) diffusa dallo staff leghista vuole lanciare un messaggio di unità e "piena fiducia" a Salvini, dopo il risultato delle elezioni esaltante per la coalizione di centrodestra ma deludente per il Carroccio, battuto da Fratelli d’Italia anche in “feudi“ come Lombardia e Veneto. Ma la resa dei conti è solo rimandata, mentre a gettare benzina sul fuoco arrivano le bordate di esponenti della vecchia guardia.

"Io saprei chi eleggere come nuovo segretario. Ma, per adesso, non faccio nomi", ha scritto nella sua rubrica su ‘Il Foglio’ Roberto Maroni, tra i fondatori della Lega e più volte ministro, ora senza ruoli nel partito. Un altro “padre fondatore“, Giuseppe Leoni, ha invitato a "cacciare i mercanti" dal tempio, definendo una "vergogna nazionale" la mancata elezione di Umberto Bossi, fuori dal Parlamento dopo 35 anni. "Dalle urne esce un messaggio chiaro – ha spiegato Bossi – il popolo del Nord va ascoltato. Non mi volevo candidare, ma l’ho fatto per rispetto alla militanza".

Il consiglio federale, con all’ordine del giorno la discussione sull’esito delle elezioni di domenica, si è aperto alle 15. Dopo quasi quattro ore hanno cominciato ad uscire alla spicciolata esponenti e pezzi da 90 del partito, come Giancarlo Giorgetti o Roberto Calderoli. "È andato tutto bene", si è limitato a dire Fedriga, annuendo dietro i vetri dell’auto a una domanda sulla leadership di Salvini.

Più loquace il capogruppo della Lega alla Camera e segretario del Piemonte Riccardo Molinari. Il ruolo di Salvini alla guida della Lega "non è mai stato in discussione", spiega. "Si deciderà con gli altri partiti ma la richiesta della Lega – aggiunge – è che il miglior modo per rilanciare la nostra azione politica è che il nostro segretario abbia un ministero di peso. Non è un avviso a Giorgia Meloni, è un’ovvia richiesta visto che siamo alleati e abbiamo vinto insieme le elezioni. Siamo il secondo partito della coalizione e mi sembra naturale che la Lega chieda che il suo uomo di punta faccia parte del governo. Poi se sarà vice premier lo vedremo". Un chiaro messaggio agli alleati, nel risiko delle poltrone dopo la vittoria alle elezioni e l’exploit di Fratelli d’Italia che ha conquistato le regioni del Nord, sottraendo voti e consenso alla Lega.

La partita si gioca anche sulle elezioni regionali in Lombardia, visto che la ricandidatura di Attilio Fontana vacilla. Lui, però, ha assicurato che sarà in corsa: "Non è cambiato nulla". Una nota diffusa dalla Lega dopo il consiglio ha espresso "piena fiducia" a Salvini e "rammarico per la percentuale raggiunta, che si sperava migliore e che molti hanno spiegato con la convivenza forzata con Pd e 5Stelle". Il Carroccio "potrà recuperare il consenso grazie ai risultati che otterrà nel governo di centrodestra, e Matteo Salvini avrà un ruolo fondamentale".

Il partito detta le priorità: provvedimenti contro il caro-bollette, autonomia regionale (la Lega chiederà di mettere il tema all’ordine del giorno del primo Consiglio dei ministri) e Quota 41. Si apre intanto una stagione di congressi, per rinnovare le cariche, a partire dai segretari cittadini: quelli provinciali saranno celebrati entro dicembre, poi si faranno i regionali. Intanto sui social viaggia il malcontento dei militanti. C’è chi chiede "una scossa" e un ritorno alle origini, altri confermano la fiducia in Salvini. Gianni Fava, che ha lasciato la Lega dopo aver fallito la sfida interna con Salvini, lancia il sasso: "Ha perso i voti del Nord, gli elettori storici". Paolo Grimoldi, deputato uscente e ultimo segretario eletto della Lega Lombardia, si rivolge ai militanti: "Serve subito il congresso della gloriosa Lega Lombarda".