Martedì 23 Aprile 2024

Ravenna, il primario apre cuore e borsa. "Ecco 70mila euro per la sonda"

Ravenna, speciale strumento in ospedale. "Lo fece anche mio padre"

Paolo Bassi, direttore delle malattie infettive all’ospedale di Ravenna, con il Fibroscan

Paolo Bassi, direttore delle malattie infettive all’ospedale di Ravenna, con il Fibroscan

Ravenna, 2 marzo 2016 - PAOLO Bassi, 58 anni, è il primario del reparto malattie infettive dell’Ospedale di Ravenna. Nel 2013 ha acquistato un apparecchio, il Fibroscan, che misura la salute del fegato senza effettuare una biopsia. È il primo, e al momento unico strumento del genere in Romagna. Bassi lo ha fatto a titolo personale per metterlo poi a disposizione del reparto. E lo racconta con naturalezza, come se lo facessero tutti. Dopo l’acquisto ha informato l’Azienda, quindi il Fibroscan è stato esaminato dall’ufficio tecnico dell’Ausl, che ha dato l’ok per l’utilizzo pubblico. Ogni anno l’accordo tra Bassi e Ausl si rinnova: il medico mette a disposizione lo strumento gratuitamente e l’azienda copre i costi di manutenzione della sonda due volte l’anno. Spendendo poche migliaia di euro.

Dottor Bassi, quanto è costato l’apparecchio?

«Circa 72mila euro. L’ho comprato nel 2013 e non c’era ancora una conoscenza sufficiente dello strumento. Non se ne capivano a fondo valore e potenzialità». 

Perché lo ha acquistato?

«Mi ero stufato di veder ‘bucare’ tutti i giorni dei fegati. Sapevo di questa tecnologia avanzata che sostituisce la biopsia e ho deciso».

Una decisione non comune.

«Mio padre Antonio era il direttore del dispensario di Ravenna. Era nato come medico condotto, prima aveva lavorato a Castel del Rio, sugli Appennini. Negli anni ‘50 acquistò un apparecchio radiologico a sue spese, per poter seguire i pazienti sottoposti alla tecnica di pneumotorace artificiale».

Ha ripercorso le sue orme.

«Siamo medici. La mia più grande soddisfazione è fare il massimo per il paziente. Quando mio padre è morto e mi ha lasciato del denaro, ho voluto spenderlo così. Mi sembrava giusto farlo, anche per ricordarlo».

È esatto dire che il Fibroscan giova ai pazienti e fa anche risparmiare l’Ausl?

«Io a dire la verità ho pensato principalmente ai pazienti, perché la biopsia è un esame invasivo, doloroso. I risultati arrivano dopo 15 giorni. Con questo strumento dopo un quarto d’ora c’è l’esito. Certo, c’è anche un risparmio, di tempo per cominciare».

Quanti esami vengono effettuati ogni anno?

«Nel 2015 ne abbiamo fatti 550, da inizio anno oltre 100. Sono in continuo aumento, soprattutto ora che sono stati introdotti nuovi farmaci per la cura dell’epatite C cronica. Medicinali molto costosi. E per individuare i pazienti più gravi a cui somministrare la terapia il Fibroscan è prezioso».

Come si accede agli esami?

«Abbiamo organizzato un sistema di prenotazione che copre tutta l’Ausl romagnola. Lo gestisce Marcello Minzoni, un volontario che è anche il tecnico che esegue gli esami. Le prenotazioni si effettuano tutte le mattine, gli esami il martedì pomeriggio. Il mercoledì mattina è dedicato ai pazienti ravennati, sempre a livello pubblico. Una volta al mese prendo il macchinario lo metto in auto e vado all’ospedale di Faenza, dal dottor Foschi. C’è una buona collaborazione. Tutto questo a costo zero per l’Azienda».

Lei ha speso 72mila euro e non utilizza lo strumento in ambulatorio privato?

«Visito privatamente un pomeriggio a settimana. Il recupero economico è scarso, ma sono contento. Sono fiero di lavorare nel pubblico dove si può fare molto e bene».

I suoi familiari erano stupiti?

«All’inizio forse, poi hanno capito. I più stupiti erano quelli che me l’hanno venduto. Mi hanno chiesto se ero davvero sicuro, perché in genere sono gli studi privati a fare acquisiti di questo tipo. Erano così colpiti che mi hanno regalato la valigia per contenere lo strumento che costa 900 euro».