"Prima dose a tutti, per il richiamo c’è tempo" Scontro sull’ipotesi vaccinazione-sprint

Scienziati divisi. E Farmindustria: "Se si non si rispettano i tempi indicati, cadono automaticamente le responsabilità dei produttori"

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Il vaccino Moderna è appena arrivato in Italia con 47mila dosi (che dovrebbero essere destinate prioritariamente agli anziani over 80), mentre l’Agenzia Europea ha reso noto che anche AstraZeneca ha presentato la richiesta per commercializzare il vaccino in Europa (la decisione potrebbe arrivare entro il 29 gennaio). Ma intanto esplode un dibattito tra scienziati sulla somministrazione del vaccino e la sua diffusione per raggiungere – il prima possibile – l’immunità di gregge. Bisogna seguire quanto prevedono le case farmaceutiche, somministrando la seconda dose dopo un periodo stabilito dalle prescrizioni, oppure vaccinare più gente possibile con una sola dose e poi attendere più tempo per il ‘richiamo’, in attesa che arrivino le scorte?

Le indicazioni che provengono dalle approvazioni di Ema in Europa e Aifa in Italia sono di somministrare due dosi e nei tempi indicati. L’Oms raccomanda che la seconda dose venga iniettata entro 21-28 giorni dalla prima, e comunque non prima di 19 e non oltre 42 giorni dalla prima iniezione: oltre si va "fuori etichetta", tra l’altro, ossia cadono le responsabilità del produttore. "Si devono rispettare le regole dettate dalle autorità regolatorie – avverte Massimiliano Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria –. Se un farmaco è stato autorizzato per essere usato in un certo modo, va fatto così perché dietro ci sono studi clinici; bisogna affidarsi a Ema e Aifa che tutelano la nostra salute e seguire pedissequamente le regole".

La questione, però, resta aperta. Con il professor Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, che ha proposto di iniziare a somministrare una dose a più persone, rinviando la seconda iniezione a 120 giorni dopo la prima. Una posizione, tuttavia, poco condivisa dagli scienziati italiani, che invitano a considerare i rischi che potrebbero derivare da indicazioni non contenute nei protocolli. "I dati scientifici dicono che la quantità giusta di anticorpi neutralizzanti contro il Covid arriva solo dopo la seconda dose – sostiene l’infettivologo Riccardo Vella – il richiamo è importante, sarei contrario a ritardarlo troppo. Potrebbe accadere, come con altri vaccini, che con una pausa troppo lunga tra la prima e la seconda dose, si debba ricominciare da capo".

"In Italia – ha proseguito l’ex direttore dell’Aifa – non c’è la situazione del Regno Unito, con le vaccinazioni stiamo andando bene. Usare subito tutte le dosi a disposizione va bene solo se si è sicuri dell’arrivo delle fiale per il richiamo". "Finché non ci sono indicazioni diverse dagli enti regolatori, il richiamo del vaccino anti Covid deve essere fatto nei tempi previsti – è anche l’opinione di Filippo Anelli, presidente della Federazione degli Ordini dei medici – se sono 27 giorni anziché 21 non cambia niente, ma ci deve essere trasparenza nei confronti dei vaccinati: per cambiare modalità di somministrazione ci deve essere una decisione di Ema e Aifa; le cose devono essere chiare – ha aggiunto – se il governo decide di usare tutte le dosi a disposizione e vaccinare più persone possibili, va detto prima".

In ultimo, anche il presidente della Società italiana di Medicina generale (Simg) Claudio Cricelli si schiera sulla proposta di Remuzzi. "Riteniamo che la prima prima dose debba essere somministrata a tutti per arginare gli effetti devastanti della terza ondata, mentre è possibile ritardare la seconda dose", ha affermato, spiegando che "l’efficacia di una sola dose è del 50% circa, ma il dato più rilevante è che la copertura del vaccino resta molto elevata per gli effetti gravi".

e. g. p.