Mercoledì 24 Aprile 2024

Preti sposati, la carica dei 5mila: "Siamo l’antidoto alla fuga dei fedeli"

In Italia il 12,8% dei sacerdoti ha messo su famiglia. Età media 60 anni. "La nostra testimonianza per contrastare l’abbandono della Chiesa"

Don Natale Mele, responsabile di Vocatio, l'associazione dei preti sposati, con la moglie

Don Natale Mele, responsabile di Vocatio, l'associazione dei preti sposati, con la moglie

Roma, 7 novembre 2022 - Preti fino all’ultimo respiro. Anche senza più una parrocchia da guidare, una messa da officiare, bambini o anziani da confessare. Presbiteri comunque, perché è la dottrina a ricordare che il sacramento dell’ordine sacro non si cancella. Neanche quando si mette su famiglia. Hanno in media 60 anni e si stima siano circa cinquemila in Italia i preti uxorati – in pratica, il 12,8% del totale degli ordinati al presbiterato, comprendendo i 33.941 ’regolari’ –, come tali estromessi dal ministero attivo da una Chiesa che, a dispetto dei cristiani protestanti in senso lato o ortodossi, non ammette presbiteri sposati. Ovviamente, fatto salvo alcune eccezioni: il clero di rito orientale e gli ex pastori anglicani tornati in comunione con Roma per volere nel 2009 di Benedetto XVI.

Per la verità non è sempre stato così. Pietro, vescovo di Roma per eccellenza, era coniugato, anche il primo vescovo di Chiusi come altri del suo tempo, Lucio Petronio Destro (IV secolo), aveva una moglie. E cinque figli. In effetti è solo dal II Concilio Lateranense (1139) che ai candidati al sacerdozio è stato posto definitivamente l’aut aut del celibato obbligatorio: ministero o matrimonio, binomio è escluso. Per sempre?

Difficile che ai preti venga data la possibilità di sposarsi, come cantava Lucio Dalla nella sua immensa L’anno che verrà; più probabile che chi voglia farsi sacerdote possa convolare a nozze prima di ricevere l’ordine sacro dalle mani del vescovo, sulla falsariga di quanto già accade nel cristianesimo ortodosso. Anche sul clero uxorato con papa Francesco il clima è cambiato. Non solo, perché nel 2016 ha incontrato sette preti sposati e le loro famiglie, ma anche e soprattutto in quanto il nodo del celibato, complice la volontà bergogliana d’interpellare la base, è diventato argomento chiave di ogni Sinodo dei vescovi.

Anche a costo di cocenti delusioni, vedesi quella successiva all’assise sull’Amazzonia del 2018. In quell’occasione l’assemblea si dichiarò a favore dell’ordinazione presbiterale dei viri probati – anziani di provata fede, anche sposati –, ma nelle conclusioni del vertice Francesco preferì sorvolare.

"Il Papa ha tanti, troppi nemici all’interno della Chiesa", spiega don Natale Mele, 77 anni, tra i responsabili di Vocatio, l’associazione che raggruppa i preti sposati in Italia. Presbiteri che hanno ottenuto dalla Santa Sede la dispensa dagli obblighi sacerdotali (celibato compreso) – potendo così sposarsi in chiesa – oppure non l’hanno mai chiesta o ricevuta. "Non tutti gli iscritti vogliono tornare a dire messa – racconta don Mele –. Si chiede piuttosto di poter essere parte attiva nell’evangelizzazione così come siamo, con le nostre famiglie e sensibilità. Chi nella catechesi, chi nell’animazione famigliare. Con la fuga dalla Chiesa crediamo che la nostra testimonianza possa contribuire ad affrontare l’abbandono diffuso dei sacramenti. Anche tanti di noi hanno vissuto una crisi della fede o un conflitto con l’istituzione".

Tra gli anni ’70 e la metà degli ’80 l’emorragia di preti è stata significativa sull’onda dello spirito del Vaticano II che vide Paolo VI avocare a sé il tema del celibato obbligatorio del clero per paura che i vescovi in assise cambiassero la norma in senso progressista. Oggi chi lascia per ragioni di cuore lo fa in modo più sommesso dopo circa un decennio di ministero. Rispetto a 20 fa non è più confinato nel dimenticatoio, come quei preti sposati del romanzo I cinque figli del vescovo, scritto da Lino Tonti. Certo i nomi dei presbiteri uxorati spariscono ancora (come per magia) dagli annuari diocesani, ma l’inclusione è realtà in varie diocesi. A partire da Napoli dove l’arcivescovo Domenico Battaglia ha nominato don Mele e la moglie commissari del Sinodo diocesano. Metaforicamente, un segno di riavvicinamento all’altare, per i preti sposati. E non più da soli: d’altronde anche le mogli e i figli dei preti a messa saprebbero cosa dire.