Martedì 23 Aprile 2024

Preti che amano le donne, la crisi a 40 anni

Si abbassa l'età di chi abbandona la tonaca per il matrimonio. Il nodo di chi ci ripensa

Rachel Ward e Richard Chamberlain in 'Uccelli di rovo'

Rachel Ward e Richard Chamberlain in 'Uccelli di rovo'

Roma, 3 giugno 2019 - Sono sempre più giovani i preti che entrano in crisi. Questioni di cuore, s’intende, che fino a vent’anni fa lasciavano il segno su sacerdoti 50enni e che oggi inducono a lasciare il ministero (per il matrimonio) uomini sulla quarantina. Eccezioni a parte, se potessero, i presbiteri innamorati indosserebbero ancora la talare. In fondo l’amore per una donna e l’unione sacramentale con Dio non sono che due facce della stessa medaglia: quel bisogno di relazione che non fa difetto neanche ai preti. Il Papa è cauto sulla loro riammissione, ma, mentre il movimento dei sacerdoti sposati cresce in visibilità e organizzazione, la Chiesa valuta senza pregiudizi la possibilità di ordinare viri probati (uomini maturi di provata fede con moglie e figli adulti) in zone del pianeta dove la scarsità del clero pregiudica la celebrazione della messa.

Celibato dei preti, il vescovo: "Non sia un dogma"

Come riporta l’Annuario statistico vaticano, ogni anno in Italia una quarantina di preti abbandona il ministero su un totale di 32mila sacerdoti diocesani (erano 40mila nel 1981). Il più delle volte la rinuncia è conseguenza di una relazione con una donna, di per sé incompatibile con la vita clericale. Per la verità solo dal Concilio Lateranense II (1139) che ha blindato il celibato obbligatorio per i sacerdoti. Fanno eccezione quelli di rito orientale (in Italia il clero di Lungro e Piana degli albanesi). Un presbitero, che intenda lasciare il ministero, è tenuto a chiedere la dispensa alla Congregazione per il clero (800 le domande ogni anno da tutti i continenti). In media la pratica si sbriga in una decina di mesi e, qualora il responso sia positivo, il richiedente sarà libero di sposarsi in chiesa e ricevere legittimamente i sacramenti.

Certo, non potrà più dire messa, ma, visto che la Chiesa non può cancellare un sacramento (tale è l’ordine sacro), anche se sposato, il prete resta tale. Per sempre. Anche per questo la maggior parte dei sacerdoti innamorati rifiuta di regolarizzare la sua posizione. In questi casi la doppia vita va avanti fino alla dispensa, non più richiesta, ma in poena. Don Rosario Mocciaro, 78 anni, marito e padre di due figli, è uno di questi preti ‘ribelli’. "Non ho mai chiesto la dispensa – tradisce un certo orgoglio –, la mia è una sorta di obiezione di coscienza in quanto considero compatibili i ruoli di presbitero e marito. Come me ogni anno un centinaio di sacerdoti italiani matura questa scelta. Un sommerso fatto di uomini sempre più giovani e freschi di ordinazione, anche quarantenni". Da due anni don Mocciaro è il presidente di Vocatio, l’associazione, nata nel 1981, che mette in rete i presbiteri uxorati (400 gli iscritti). A lungo questa realtà è stata pressoché ignorata dall’episcopato. La svolta si è avuta nel 2017, quando monsignor Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli, celebrò messa per la prima volta davanti a quelli che un tempo sarebbero stati con lui sull’altare.

Complice la fine della Guerra fredda con la Cei, Vocatio ha scritto una lettera al Papa nella quale s’invoca la riammissione al ministero dei sacerdoti che lo desiderano, oltre a un cammino di discernimento sul celibato facoltativo. Da Bergoglio nessuna risposta. Nonostante nel 2016 fece scalpore il suo incontro a Roma con alcuni giovani preti sposati e le loro famiglie, a gennaio, sul volo di ritorno dalla Gmg di Panama, il Pontefice ha confidato di non voler cambiare la legge sul celibato. Anche la decisione di riammettere quei sacerdoti uxorati desiderosi di tornare in servizio non sarebbe troppo nelle sue corde. "Facciano i buoni laici", avrebbe ‘risolto’ la questione durante un incontro riservato con i vescovi italiani. Ce ne è abbastanza per cullare poche speranze. "Francesco potrebbe, però, avallare l’ordinazione dei viri probati in zone dove si fatica a celebrare la messa – vede il bicchiere mezzo pieno don Mocciaro –. Il Sinodo di ottobre sull’Amazzonia sarà decisivo. Sarebbe un passo significativo". In controtendenza con una storia quasi millenaria.