Giovedì 18 Aprile 2024

Pressing dei democratici per un Conte ter "A questo punto il rimpasto non basta più"

Il leader Zingaretti: "Evitato il baratro, serve un patto di legislatura". La strada prediletta sarebbe il reincarico al premier e una nuova fiducia

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di Ettore Maria Colombo

Il Pd è diventato una pentola in rapida ebollizione. Il segretario, Nicola Zingaretti, incalza Conte su tempi e contenuti del rilancio dell’azione di governo: chiede un patto di legislatura che renderebbe l’allargamento della maggioranza politicamente più solido e un nuovo governo, ma tra i dem c’è chi non la pensa così, specie tra i ministri.

Il Nazareno vuole un vero e proprio Conte Ter, con una nuova fiducia parlamentare che solennizzi il nuovo inizio e la nuova squadra, mentre il partito dei ‘ministeriali’ dem è assai più prudente e opta per la via breve indicata da Conte, il rimpasto – come spiega un autorevole ministro – "pur se solo dopo aver rafforzato la base politica della maggioranza parlamentare e stilando un nuovo patto programmatico".

"Ieri abbiamo evitato il salto nel buio di una crisi", dice Zingaretti, che ha parlato con Conte e vi ha trovato "assoluta consapevolezza". Ma, aggiunge il leader dem, "è il momento di voltare pagina, il momento di correre".

Sui tempi stretti concorda anche Goffredo Bettini, che anzi drammatizza: "Va rafforzata la maggioranza nel giro di poche settimane" altrimenti "non si può governare" e si vota.

Richieste ribadite nel pomeriggio a Conte nel vertice di governo tenuto a Palazzo Chigi. Anche il capo delegazione dem al governo, il ministro Dario Franceschini, ha espresso i medesimi concetti: "Il governo deve rafforzarsi, non solo numericamente, ma anche da un punto di vista politico".

"Ma credete davvero – aggiunge poi Franceschini, uno che di trattative per formare governi, gruppi, partiti e correnti ne fatte migliaia – che ogni volta che c’è da votare un decreto possiamo andare avanti con la Segre che prende l’aereo?".

"Serve un gruppo coeso e strutturato alla Camera come al Senato per pareggiare Italia viva nelle commissioni e nei voti in Aula, per essere autonomi nella normale navigazione in Parlamento", la mette giù dura Franceschini, che per palazzo Madama si pone l’ambizioso obiettivo di una maggioranza autosufficiente che raggiunga 170175 voti. Del resto, se anche al Colle si pongono il problema che i voti delle ’opposizioni’ (centrodestra e Iv) siano aggiuntivi e non sostitutivi rispetto a quelli della maggioranza, nei voti cruciali (esempio principe: lo scostamento di bilancio), figurarsi se il tema non se lo pone il Pd, il ’partito del Colle’.

La differenza di approccio sta nel fatto che al Nazareno e nei due gruppi di Camera e Senato si spinge affinché a un nuovo programma e a un rafforzamento della squadra corrisponda un nuovo governo. Che dovrebbe seguire, nei desiderata del Pd, questo iter: dimissioni di Conte, reincarico di Mattarella a Conte (che avrebbe così anche più libertà nel rimodellare il nuovo esecutivo, rispetto ad un semplice rimpasto), giuramento e nuova fiducia con un discorso programmatico più alto di quello che i dem hanno sentito, e poco apprezzato, lunedì.

Enrico Borghi, segretario d’Aula alla Camera, deputato Pd e testa d’uovo di Base Riformista, la corrente capitanata da Lotti e Guerini (quella più attrattiva sia per i transfughi in arrivo da Iv sia da Forza Italia), la mette giù assai rotonda: "Bisogna riscrivere il Recovery Plan in chiave ‘riformista’ e dare vita a un nuovo patto che arrivi a fine legislatura. Per farlo, non si scappa: serve una corrispondenza tra la nuova base parlamentare che ti sostiene, compresi i gruppi europeisti che si riconosceranno nel nuovo governo, e nuovo esecutivo che esprimi".

Morale, serve un Conte ter, via non auspicata, invece, da Conte e alcuni ministri dem. Infine, dal Nazareno sale la richiesta di affidare a loro – il nome indicato è quello del vicesegretario Andrea Orlando – la guida politica dell’attuazione del Recovery Plan.