Giovedì 18 Aprile 2024

Preso il killer: le ho uccise io "Ricordo solo sangue, poi il blackout"

Prostitute trovate morte nel quartiere Prati, Giandavide De Pau rintracciato all’alba a casa della madre. La sorella ha telefonato alla polizia. Le prime ammissioni: "Ho tamponato la ferita alla gola di una cinese"

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di Giulia Prosperetti

"Ricordo solo tanto sangue". Il serial killer delle prostitute è stato preso. Identificato già dal primo pomeriggio di venerdì, Giandavide De Pau, 51enne romano con precedenti per violenza sessuale, un torbido passato nella criminalità organizzata, al servizio del boss Michele Sanese (detto ‘o Pazz’), e problemi psichiatrici, ha confessato di aver brutalmente accoltellato almeno due delle tre donne trovate morte giovedì scorso in due palazzi del quartiere Prati, a Roma. Ma tutti gli indizi portano a ritenere che la furia omicida che l’uomo ha scagliato contro le due quarantenni cinesi – la cui identità, a causa dell’assenza di documenti, rimane ancora ignota – si sia riversata anche sulla colombiana Martha Castano Torres. "In questi casi si deve arrivare a dama nelle prime 48 ore dopo i fatti" avevano spiegato nei giorni scorsi gli inquirenti. E così è stato. De Pau, per il quale è scattato il fermo, è stato portato ieri sera in carcere a Regina Coeli, dove, probabilmente lunedì, sarà sottoposto all’interrogatorio di convalida.

A dare una svolta alle indagini sono state le testimonianze arrivate dall’interno della famiglia di De Pau e del suo stretto giro. Sua sorella ha raccontato alle forze dell’ordine di aver ascoltato una strana telefonata in cui l’uomo "farfugliando" lasciava intuire di aver commesso un "fatto grave".

Sapendo che il fratello era solito frequentare prostitute, tanto è bastato a far nascere nella donna il sospetto di un collegamento con la mattanza avvenuta in Prati e, presa dal panico, ad avvertire le forze dell’ordine. Sospetti confermati dalle dichiarazioni di testimoni risultati determinati per l’individuazione di De Pau – da quanto si apprende "due cittadini cubani e una terza persona" – e dalle immagini delle telecamere di sorveglianza che il 17 novembre hanno immortalato l’uomo nei pressi di via Durazzo dove è stata uccisa la 65enne colombiana, a poco più di 800 metri dal palazzo di via Riboty dove abitavano le due cinesi.

Quando gli investigatori della Polizia di Stato della III e IV Sezione della Squadra Mobile capitolina, coordinati dalla Procura di Roma, ieri mattina all’alba, intorno alle 6, sono entrati a casa di sua madre in zona Ottavia, nel quadrante nord-ovest della Capitale, De Pau dormiva con i vestiti ancora sporchi di sangue e, senza opporre resistenza, si è lasciato condurre negli uffici della Questura di Roma per essere ascoltato. "Mercoledì una donna cubana è venuta a casa mia e abbiamo consumato droga. Poi la mattina dopo ho preso appuntamento per telefono con una cinese. Sono arrivato in macchina in via Riboty. Era la prima volta che andavo in quell’appartamento. Ricordo di essere stato in quella casa con delle ragazze cinesi e di avere tamponato la ferita alla gola di una di loro ma poi ho un blackout, non ricordo più nulla". È un racconto frastagliato, confuso, e spesso interrotto dalle lacrime quello fatto da De Pau nelle oltre 10 ore di interrogatorio in Questura.

"Non ricordo di essere stato in via Durazzo. Non ricordo di essere stato in quella casa, mi contestate due omicidi, quindi non avrebbe senso negarne un terzo" ha proseguito l’uomo negando di essersi mai recato nell’appartamento della colombiana. Delle 48 successive, dopo gli omicidi avvenuti nella mattinata di giovedì, l’uomo ha solo vaghi ricordi. "Sono uscito da quella casa lasciando lì il mio cellulare, non ricordo se sono salito in auto. Ho vagato per due giorni senza mangiare né dormire – ha detto ai magistrati romani e agli agenti della Polizia di Stato negli uffici di via San Vitale –. Poi sono andato a casa di mia madre e mia sorella con i vestiti ancora sporchi di sangue. Arrivato in quella casa ero stravolto. Ho trovato una poltrona e sono crollato, ho dormito per due ore, poi sono arrivati gli agenti a prendermi".