Presidenzialismo sì o no? "Sono parlamentarista, ma il sistema è in crisi"

Cirino Pomicino e le difficoltà in cui versano le istituzioni. "La nostra democrazia ha perso ogni riferimento forte. Ormai siamo in un limbo, l'assetto dei partiti non funziona più"

Il presidente Sergio Mattarella

Il presidente Sergio Mattarella

Il dibattito intorno alle riforme istituzionali sta prendendo quota e QN da oggi ospiterà alcuni interventi di politici e politologi per fare il punto sulla questione, e riflettere sulla reale necessità di un «tagliando» alla nostra Costituzione, e se sì in quale direzione. Oggi scrive Paolo Cirino Pomicino, democristiano di lungo corso, più volte ministro. Il dibattito sulle riforme e, in particolare, sul presidenzialismo era stato rilanciato dalla premier Giorgia Meloni che nella conferenza stampa di fine anno ne aveva parlato come di una necessità ineludibile da realizzare al più presto. Le ipotesi in campo sono due: o la formazione di una commissione bicamerale ad hoc, oppure una proposta del governo da formulare al massimo entro la primavera, che possa funzionare da base della discussione parlamentare.

Di seguito l'intervento di Paolo Cirino Pomicino

Tra gli addetti ai lavori si è sempre detto che la nostra Repubblica è fondata sul “precedente”, secondo una fulminante battuta di Giulio Andreotti. Uno dei “precedenti” che più ha resistito, e continua a resistere, nella storia repubblicana è l’elogio universale al discorso di fine d’anno dei presidenti della Repubblica. Quest’anno, però, nei commenti al discorso di Mattarella, ci è sembrato scorgere una piccola frattura di quella prassi e cioè una sussurrata critica a quell’elogio alla nostra democrazia parlamentare cambiata nel profondo nei primi anni Novanta. Un po’ a tutti, e a noi per primi, è sembrato strano questo elogio di una democrazia parlamentare che negli ultimi 28 anni ha visto: a) succedersi 16 governi; b) sette diverse maggioranze parlamentari tutte alternative l’una all’altra; c) governi che avevano una maggioranza in Parlamento ma erano sempre minoranze nel Paese: d) un Parlamento che per due volte non è stato capace di eleggere un nuovo presidente della Repubblica ripiegando all’unanimità sull’uscente.

Come se non bastasse, in 28 anni la nostra democrazia parlamentare ha perso ogni riferimento culturale e il sistema dei partiti ha preso una deriva personalistica mentre i deputati e i senatori non vengono più eletti ma nominati. Laddove il personalismo non attecchì, come nel Pd, in 15 anni si sono succeduti ben 10 segretari nazionali. Un sistema politico, dunque, personalizzato e culturalmente anonimo anche nei confronti della stragrande maggioranza dei Paesi europei che hanno mantenuto riferimenti culturali e politici chiari e con radici profonde. Questo affanno della nostra democrazia parlamentare ha prodotto in quasi tre decenni guasti economici e sociali di cui tutti sono stati responsabili perché, come ha detto Mattarella, tutti hanno governato eccezion fatta di Fratelli d’Italia.

L’Italia da quasi 30 anni non cresce più, e in questo lungo tempo ha visto aumentare le gravi disuguaglianze nella società con una elite (il 22% che controlla il 70% della ricchezza nazionale) e la stragrande maggioranza della popolazione afflitta da salari tra i più bassi d’Europa e da una disoccupazione giovanile al 23% (il Mezzogiorno ha perso 500mila posti di lavoro negli ultimi tre decenni). Come è possibile, allora, che il Presidente della Repubblica, forse il più amato nella storia repubblicana, ha tessuto quell’elogio senza che la realtà lo potesse sostenere? Quell’elogio, a nostro giudizio, è l’esercizio del paradosso ed è figlio di un dolore profondo del nostro amato Presidente che non ha dimenticato come, per disciplina di partito, fu costretto nel 1993 a fare il relatore per introdurre il nuovo sistema elettorale maggioritario in quella nostra democrazia che pure aveva trasformato un Paese agricolo in uno dei Paesi più industrializzati del mondo e che aveva battuto il terrorismo brigatista e lo stragismo di destra costruendo l’Unione europea.

Il sistema elettorale maggioritario, peraltro, è inesistente in tutte le altre democrazie parlamentari dell’Europa ed è responsabile di quel degrado politico, culturale e sociale del nostro sistema politico che ha eroso la nostra democrazia parlamentare cambiandola in peggio nel profondo. Per guidare un Paese le democrazie parlamentari hanno bisogno di essere innervate da partiti forti e culturalmente radicati. Diversamente il loro ruolo scompare e, invece di guidare una società, ne inseguono gli umori peggiori riducendo nel contempo anche il ruolo del parlamento.

Tutto questo, purtroppo, è avvenuto da 28 anni a questa parte e l’Italia è rimasta nel limbo di una democrazia parlamentare che tale non è piu grazie anche alla crisi profonda culturale e politica dei partiti. Nel confermare l’affetto e la stima per Sergio Mattarella di cui fummo colleghi di governo per 4 anni pur essendo vecchi parlamentaristi sappiamo bene che le forme delle democrazie se sono inadeguate possono portare alla rovina del Paese e purtroppo l’Italia da 30 anni balla sul ciglio di un precipizio. E forse è giunto il tempo per una riflessione nell’interesse del Paese.

(1 - continua)