Pregiudicato ucciso in casa "È stato il figlio di 7 anni"

La mamma: "È tornato ubriaco e ci ha aggrediti, il piccolo mi ha difesa". Le impronte del bimbo trovate sul coltello usato per ammazzare il 38enne

Migration

di Nino Femiani

"Un caso molto particolare, che vede coinvolta, oltre a quella ordinaria, anche la procura minorile". Sono le uniche battute che si lascia sfuggire il procuratore di Foggia, Ludovico Vaccaro. Sì, perché si tratta non solo di spiegare la morte di un pregiudicato, Mario Renzulli, 38 anni, colpito da una coltellata al capo e una al collo all’interno di un casolare, in località Macchia Rotonda, a Manfredonia, nella serata del 30 novembre. Ma anche di capire il ruolo giocato da un bambino di soli 7 anni, figlio della compagna di Renzulli.

Perché il piccolo è ferito al volto e ai denti e, per questo motivo, è ora ricoverato all’ospedale di Foggia? E perché anche le sue impronte sono impresse sul quel coltello da cucina che ha tolto la vita al patrigno? "È ferito perché ha tentato di difendere la madre e se stesso – riferisce Angelo Salvemini, legale della famiglia –. L’uomo è tornato a casa ubriaco e ha iniziato a inferire prima sulla compagna. Il piccolo sarebbe intervenuto nella discussione in difesa della mamma. Per sfuggire al patrigno, si è prima rifugiato in cameretta, poi inseguito dall’uomo è corso in cucina. Lì ha preso un coltello e, dopo essere stato raggiunto dal 38enne, lo ha colpito all’addome". Questo spiega perché le sue impronte siano state ritrovate sul lungo coltello conficcato nel collo e nella testa del pregiudicato. Attesa dall’autopsia di Renzulli, che potrebbe fornire elementi tecnici per spiegare la dinamica. In questa vicenda che coinvolge un minore, non imputabile, l’unica cosa certa è che l’accoltellamento è scaturito da un dissidio in ambito familiare, probabilmente per una furiosa lite sfociata in tragedia. A lungo gli inquirenti hanno ascoltato la donna e il figlio, quest’ultimo sentito solo alla presenza di uno psicologo e dei pm della procura per i minori del tribunale di Bari. Cosa sia successo esattamente nel podere dove i tre vivevano, alla periferia di Manfredonia, resta un rebus. La vittima era stata condotta lunedì sera dal padre al Policlinico di Foggia, ma è spirata poco dopo per le gravi ferite. I carabinieri hanno ascoltato il genitore del 38enne e altri congiunti che vivevano nella palazzina accanto. "Abbiamo sentito delle urla, poi ho visto mio figlio per terra, con una coltellata alla testa", ha riferito l’uomo ai militari.

La vittima venne coinvolta nell’operazione ‘Romanzo Criminale’ del 2013 con cui la polizia arrestò una banda che nel 2012 aveva messo a segno diversi omicidi. Nella sentenza di appello a Renzulli, coinvolto nell’occultamento del cadavere di Cosimo Salvemini (ritrovato a pochi chilometri da Amendola), fu inflitta la pena di 3 anni rispetto ai 4 del primo grado. Le condanne in primo grado furono quasi tutte rideterminate. Per gli omicidi compiuti nel 2012 a Manfredonia, fu confermato l’ergastolo al solo Francesco Giannella, capo della banda.

Sulla morte di Renzulli cresce a Manfredonia anche la tensione. "Accerchiato, strattonato e costretto a cancellare le immagini che avevo appena girato da un gruppetto di persone tra le quali anche un uomo qualificatosi come il padre della vittima". È quanto racconta un cineoperatore della Tgr Puglia inviato a Macchia Rotonda per realizzare un servizio sull’ omicidio consumatosi in Capitanata. "Un episodio grave – commenta il coordinamento dei Cdr della Tgr Rai –: l’ennesimo attacco alla libertà di informazione".