Poveri italiani, sfibrati dal Covid. Sei milioni vivono nella paura

Dall’ansia di salire sull’autobus a quella di dormire da soli: il Censis indaga un anno di virus

Covid, gli italiani oppressi dalla paura della pandemia

Covid, gli italiani oppressi dalla paura della pandemia

ll Censis avverte che ci sono in circolazione almeno 6 milioni di italiani ’panofobici’, gente che ha paura di tutto, compresi i giovani reclutati per fare le boccacce al pericolo. Paura di salire su un tram, di andare al ristorante, di dormire da soli. E beati quelli che dormono. Eredità di un anno vissuto nel terrore: sempre più persone vivono costantemente in uno stato d’ansia. E le altre languiscono, come scrive lo psicologo sul New York Times. Languish in italiano non rende con la stessa forza dell’inglese: è il ficus che perde le foglie senza motivo, l’essere indifferenti persino all’indifferenza.

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"Languishing – azzarda Grant – è il vuoto tra la depressione e la prosperità: l’assenza di benessere. Non hai sintomi di malattia mentale ma non sei nemmeno il ritratto della salute. Non stai funzionando a pieno regime". Oltre la paura, il limbo. Uno stato d’animo collettivo che nella storia ha un solo precedente: il crollo dell’impero romano, senza però la stampella di Seneca e Marco Aurelio. L’ultima spiaggia è domandare a un filosofo se ci sia vita oltre la pandemia, ma anche su questo versante pessime notizie: solo un dio può salvarci. E purtroppo è morto. Corrado Ocone, in equilibrio fra gli stoici, Heidegger e Nietzsche, non offre facili consolazioni: "La tempesta perfetta che stiamo attraversando avrà anche conseguenze antropologiche. La pandemia consegna un tipo umano svogliato e stordito che non crede più nel futuro". Poveri illusi: pensavamo di potere tirare avanti senza dio (o un partito, un’ideologia) sostituendolo con la scienza. Invece.

"La pandemia – spiega Ocone – ha chiarito i limiti della nostra fede ingenua nel progresso. Di qui l’inazione. L’assenza di energie morali per reagire, come in passato, a una guerra. Venuto a mancare il cemento morale che ha fatto grande l’Occidente, con un piccolo virus è crollato tutto". Scriveva Susan Sontag: "Come ogni situazione estrema, una malattia porta alla luce quanto di meglio e di peggio c’è in ciascun individuo".

In pochi oggi si innamorerebbero di se stessi. Chiusi, diffidenti, confusi. Il 50% degli italiani ha dichiarato che anche quando riapriranno i ristoranti starà a casa. Chi non si è abituato al numero spaventoso di morti quotidiane, di Marco Aurelio ricorda solo il cotè pessimista: "Vivere è un’arte che assomiglia più alla lotta che alla danza: bisogna sempre tenersi pronti contro i colpi che arrivano". Ma è vita questa? Adriano Schimmenti, psicologo clinico, ricorda i tanti infartuati che nel 2020 hanno rinunciato ad andare in ospedale temendo il contagio: "Il panico ha indotto un’importante distorsione nella valutazione del rischio di morte determinando comportamenti che rischiano di danneggiare il corpo anziché proteggerlo".

La paura da Covid non fa novanta ma si avvita su se stessa e germoglia. Paura del corpo che tradisce e fa soffrire. Paura di sapere (da qui lo stare alla larga dalla informazioni) e di non sapere (informarsi sempre di più nell’illusione di avere un controllo sulla situazione). Paura di agire ma anche di non agire. Scrive Grant: "In psicologia pensiamo alla salute mentale in uno spettro che va dalla depressione allo sviluppo. Fiorire è l’apice del benessere, la depressione è la valle del malessere". E in mezzo ci siamo noi, vuoti e stagnanti: "Il pericolo è che quando stai languendo non noti la scomparsa della gioia. Non ti sorprendi mentre scivoli nella solitudine. È come se arrancassi attraverso i giorni, guardando la vita attraverso un parabrezza nebbioso". Ecco lo stato d’animo di buona parte dell’umanità nel 2021. "In questo senso dio è proprio morto – profetizza Corrado Ocone – Ubriachi di onnipotenza abbiamo dimenticato che tutto è precario. E che per questo, come raccomandava Nietzsche, bisogna imparare a costruire la propria casa sulle pendici del Vesuvio".