Venerdì 19 Aprile 2024

Povera madre violentata da chi giudica

Davide

Rondoni

Un guazzabuglio. Così Manzoni chiama il nostro cuore. E chissà cosa avrebbe scritto sulla storia di Daniela e della sua ignota madre. Daniela è una signora malata di cancro che, abbandonata alla nascita cerca la madre biologica mai conosciuta per avere test utili alla cura. La madre in un primo momento si rifiuta attirandosi strali da tutti, poi invece acconsente. E ora apprendiamo che quella figlia era nata da uno stupro e la vicenda aveva aperto in lei abissi difficili. Questa storia è stata data “a puntate” dai media, e nel periodo in cui pareva che la madre, in modo insensibile e grave, rifiutasse nonostante le fosse stato garantito l’anonimato, in molti le han puntato il dito addosso. Come se la cosa fosse banale e semplice. Una madre snaturata. Che non consente alla figlia di curarsi.

Poi piano piano la verità viene a galla, ma a dosi, a puntate. La difficoltà, lo stupro. Ma ormai i sassi del giudizio erano partiti, le invettive, le accuse. La vita però è più profonda di come la si racconta frettolosamente sui media, che hanno la colpa spesso di parlare di vicende in modo superficiale. Davvero si può raccontare e capire l’amore, il dolore, il tormento di una vita in un articolo? In una puntata televisiva? Chi ha questa pretesa è un demente. Ci vuole la letteratura, la poesia, e la pazienza di non voler sempre dividere il mondo in vittime e colpevoli, la cautela di non giudicare. Eppure sempre piú dilaga un modo di informare che istiga al giudizio, alla frettolosa sentenza. Come se i media fossero il tribunale continuo della società invece che il suo racconto. Intanto parole giuste le aveva trovate la poetessa Irene Ester Leo in una lettera aperta alla madre: "Noi possiamo essere il miracolo che non abbiamo avuto, illuminare la vita degli altri con il buio che abbiamo dentro". E la pregava, "tenendole le mani". Non la giudicava. E il miracolo ha trovato una strada.