Portuali Trieste, la protesta sul Green pass: cosa succede se lo scalo si ferma

Alessandro Ferrari, direttore di Assiterminal: "Immaginate di tornare a marzo 2020: merci bloccate in mare e decine di milioni di euro persi"

Proteste No-Green pass a Trieste, 11 ottobre 2021 (Ansa)

Proteste No-Green pass a Trieste, 11 ottobre 2021 (Ansa)

Trieste, 13 ottobre 2021 - Se venerdì 15 ottobre dovesse concretizzarsi la protesta dei lavoratori portuali, che chiedono l'eliminazione dell'obbligo di Green pass per tutte le categorie lavorative, la conseguenza potrebbe essere quella di un ritorno a marzo 2020: merci introvabili, consegne in ritardo, attività produttive estremamente rallentate. "Un porto - spiega Alessandro Ferrari, direttore di Assoterminal - per le attività di un Paese è come la bocca per il corpo umano: se non ci si sfama, il corpo deperisce. Se un porto non funziona, tutte le attività si fermano".

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Ferrari porta dati che si commentano da soli. "Quasi il 70% delle merci che servono per le industrie, per la produzione ma anche per i servizi alla persona arriva o transita attraverso i porti italiani", il valore in un anno è di circa "500 miliardi di euro", senza contare l'industria turistica (crociere e traghetti). Questo significa che l'eventuale blocco di un terminal, come paventato a Trieste, varrebbe la perdita di "decine di milioni di euro". Non solo ne risentirebbero le 10mila famiglie, segnalate da Confetra, coinvolte tra posti di lavoro diretti e non. Tutto il Paese tornerebbe a soffrire come un anno fa: scaffali vuoti, disagi logistici, rabbia sociale. Il problema è che se una nave che trasporta merci rimane bloccata fuori dal porto, "non può girare la prua e fare rotta altrove". "È una questione di mercato di riferimento - spiega Ferrari - ogni porto è collegato a una catena di produzione e infrastrutture ben precisa, e non è possibile cambiarla di punto in bianco". Semplicemente, rimarrebbe ferma.

I porti 'caldi', attualmente, sono soprattutto quelli di Trieste e Genova, ovvero il "40% della portualità italiana". Meno quello di Livorno, mentre a Napoli sembra tutto sotto controllo. "La stima - continua il direttore Ferrari - dei lavoratori portuali non vaccinati è del 20%, un dato simile ad altri comparti" che non preoccupa particolarmente. Al momento le aziende possono decidere la strategia migliore come pagare i tamponi per i propri dipendenti, o trattare per avere dei prezzi calmierati.

A far scattare la molla è stata la circolare del Viminale che due giorni fa invitava le imprese a mettere a disposizione tamponi gratuiti per chi fosse sprovvisto di Green pass, circolare smentita ieri sera: 'gli operatori economici potranno valutare in autonomia'. "È assurdo - prosegue Ferreri - ricevere direttive così confuse a 48 ore da venerdì. Nei 18 mesi trascorsi, da quando è iniziata la pandemia, il protocollo attivato ha funzionato, altrimenti avremmo avuto focolai di Covid tutti i giorni. Perché, allora, non possiamo continuare con le stesse regole applicate finora?".

Rispetto alle proteste annunciate da Stefano Puzzer e i portuali triestini, rimane l'auspicio, anche da parte di Assiterminal, che il 15 ottobre "prevalga il buon senso: tutti coloro che capiscono la situazione e si attengono alle regole non possono essere penalizzati in questa che ormai è diventata una guerra tra poveri". "È sbagliato - conclude Ferrari - puntare tutto sui controlli rivolti al singolo lavoratore, ed è paradossale che un terminalista debba prendersi in carico di fare i controlli sul Green pass di tutti quelli che transitano nella sua area di competenza. La normativa deve essere più chiara, deve calarsi nella realtà dei fatti".