Giovedì 18 Aprile 2024

Polveriera Mediterraneo Meloni incalza la Libia: "Intensificare gli sforzi contro l’ondata di sbarchi"

La premier incontra il capo ad interim di Tripoli: la vostra stabilità è prioritaria. Firmati accordi su energia e telecomunicazioni, ma il nodo resta l’immigrazione. Dopo il viaggio lampo in Tunisia, può tornare già domenica con von der Leyen.

di Antonella Coppari

L’estate è qui. Ma per chi governa estate non significa spiagge, bensì sbarchi. E la paura, anzi il terrore, è che questa volta di fronte alle coste si possa presentare una flotta mai vista. Si spiega così l’iperattivismo della premier molto spaventata, per usare un eufemismo, dall’eventualità che gli arrivi rispetto al 2022 siano decuplicati: basti pensare che nei primi cinque mesi del 2023 sono sbarcati in Italia 52.328 persone contro le 21 mila dello scorso anno. Dopo il viaggio lampo in Tunisia dove, probabilmente già domenica, Giorgia Meloni tornerà con la presidente della commissione, Ursula von der Leyen, ieri è stato il turno della Libia.

A palazzo Chigi, una folta rappresentanza dell’esecutivo ha incontrato il primo ministro del governo di unità nazionale libico, Abdul Hamid Dbeibeh, e la sua delegazione di ministri. È il premier e tuttavia non controlla tutta la nazione: è uno dei problemi più gravi per Giorgia. Se infatti fino all’anno scorso le partenze erano per la stragrande maggioranza dalla Tripolitania, le cose oggi sono cambiate e si è aperta un’altra rotta dalla Cirenaica. Ecco perché nel lungo faccia a faccia con Dbeibeh la premier – che all’inizio di maggio ha incontrato il generale Haftar, capo di stato maggiore in Cirenaica – ha sottolineato come la stabilizzazione del quadro politico libico "sia una priorità per l’Italia". Naturalmente, durante l’incontro ha espresso la sua preoccupazione per una possibile ondata di arrivi esprimendo "apprezzamento per gli sforzi messi in campo da Tripoli", ma chiarendo che è necessario "intensificarli". L’esecutivo si impegna a fornire mezzi e strumenti (di qui la dichiarazione d’intenti "in materia di rafforzamento della cooperzione per la sicurezza") a tal fine. L’immigrazione non è l’unico nodo sul tappeto: il memorandum d’intesa siglato dal ministro Piantedosi è accompagnato dalla firma di altri tre documenti: un accordo tra l’ad di Eni, Claudio Descalzi e la National Oil Corporation su iniziative congiunte di riduzione delle emissioni, un memorandum d’intesa tra Telecom Sparkle e l’Ente per le telecomunicazioni libico per la costruzione di un cavo sottomarino e un accordo sulla costruzione per lo smaltimento delle acque reflue in Libia.

Al momento, però, il cruccio principale per Meloni resta la Tunisia. Il tentativo diplomatico non ha sortito gli effetti auspicati: le posizioni tra Fmi e il presidente Kais Saied restano apparentemente inconciliabili, ma a Roma sono convinti che mediazioni di questo genere richiedano tempo e che la partita non sia persa. Il problema però è proprio il tempo. Il rischio di default è incombente e, a quel punto, frenare un esodo di massa dalla Tunisia assieme alla fine di ogni controllo sui porti per gli africani che arrivano dal resto del Continente diventerebbe impossibile. Il fronte immigrazione è anche al centro della riunione odierna dei ministri dell’Interno europei in Lussemburgo, incaricati di definire le norme che dovrebbero poi essere approvate dal consiglio di fine giugno su immigrazione e asilo. La linea che si sta affermando boccia i ricollocamenti obbligatori cari all’Italia, sostituiti con contributi finanziari (20mila euro per ogni persona non ricollocata) o assistenza operativa: uno smacco che potrebbe essere riequilibrato ponendo in capo all’Europa i rimpatri. "Non sarà facile arrivare a un accordo, al momento la vedo 50 e 50", assicura una fonte diplomatico.

Spunta l’ipotesi di un voto a maggioranza qualificata, ma c’è chi nota che senza un pre-accordo tra Italia, Francia e Germania, il pallottoliere non verrà nemmeno scomodato. In quest’ottica, assume ulteriore importanza l’incontro di oggi tra Meloni e il cancelliere tedesco, Olaf Scholz.