Polveriera Brasile C’era un piano per il golpe "Bolsonaro va indagato"

Nelle carte recuperate a casa di un ex ministro il dossier per rovesciare il voto. L’ex presidente ancora in Florida non ha voluto rilasciare dichiarazioni

Jair Bolsonaro, ex presidente del Brasile

Jair Bolsonaro, ex presidente del Brasile

di Riccardo Jannello

Una tegola sulla testa dell’ex presidente conservatore Jair Bolsonaro per il suo ruolo nel tentato golpe di domenica 8 gennaio: la Polizia federale durante la perquisizione della casa di Anderson Torres, ex ministro della Giustizia del suo governo e poi delegato alla Sicurezza per il Distretto federale, ora in Florida e rincorso da un mandato di arresto della Corte Suprema, ha trovato la minuta della proposta di un decreto speciale a firma del presidente per promulgare, come recita l’articolo 1, lo "Stato di Difesa presso la sede del Tribunale Elettorale Superiore, a Brasilia, Distretto Federale, con l’obiettivo di garantire la conservazione o il tempestivo ripristino della regolarità e correzione del processo elettorale presidenziale dell’anno 2022, in quanto riguarda la sua conformità e legalità, le quali, una volta violate o non osservate, rappresentano una grave minaccia per l’ordine pubblico e la quiete sociale". Cioè la possibilità di revocare il risultato delle urne e impedire l’insediamento del successore, il "petista" Luiz Inacio Lula da Silva, paladino della sinistra non solo brasiliana.

"Occorre indagare sulla partecipazione dell’ex presidente Bolsonaro e prendere le misure necessarie per i reati contro lo stato democratico di diritto", ha subito dichiarato il capogruppo della maggioranza al Senato, Randolfe Rodrigues. Torres sui social ha cercato di difendersi affermando che nell’armadio dove è stato trovato il documento "aveva una serie di carte che poi avrebbe triturato nel suo ufficio" e che "i tre fogli del decreto devono essere letti in un contesto più ampio". Ma in uno dei punti si legge quali libertà costituzionali potranno essere sospese per trenta giorni "per riportare la situazione dentro le regole". Dal canto suo l’ex presidente Bolsonaro dal buen retiro di Orlando non parla del caso e neppure i due figli parlamentari, Flavio ed Eduardo, hanno voluto rilasciare dichiarazioni. Ma su Facebook Jair aveva pubblicato un post di accuse al suo successore che subito dopo ha ritirato. Chi ha avuto occasione di leggerlo sostiene che contenesse la seguente frase: "Lula non è stato eletto dal popolo. È stato scelto ed eletto da Corte Suprema e Tribunale Elettorale".

Sotto accusa sempre le urne elettroniche che avrebbero secondo lui avvantaggiato i brogli della sinistra. Sergio Moro, già ministro e grande accusatore di Lula, sostene che "il decreto golpista deve essere ripudiato con veemenza". Altri fedelissimi affermano di non saperne nulla, ma chiedono a Torres di consegnarsi "per poter chiarire la situazione". E l’attuale ministro della Giustizia, Flavio Dino, ha dichiarato che se ciò non avverrà entro lunedì sarà richiesta l’estradizione. Il giudice Alexandre de Moraes, che ha spiccato il mandato di arresto per l‘ex ministro e per l’ex capo della Polizia del Distretto federale, Fabio Augusto Vieira, ripete che contro di loro ci sono "omissioni ampiamente comprovate dalla prevedibilità del comportamento dei gruppi criminali e dalla mancanza di sicurezza che ha reso possibile l’invasione di edifici pubblici". La presidenza del Senato ha intanto ricevuto la richiesta di 47 eletti della maggioranza perché a breve venga istituita la Commissione parlamentare di inchiesta "davanti alla quale Bolsonaro dovrà rispondere dei reati contro la sicurezza dello Stato commessi dai suoi seguaci da lui ispirati".