Pochi over 80 vaccinati, due mesi persi. "La curva dei morti poteva essere già calata"

Il rapporto dell’Ispi: "Sbagliato partire dalle categorie professionali, si doveva iniziare con gli anziani. Così si sarebbe ridotta la letalità"

La riduzione della letalità grazie ai vaccini

La riduzione della letalità grazie ai vaccini

"Abbiamo sbagliato strategia e alla fine abbiamo perso due mesi". Quando si guardano i numeri, è difficile pensarla diversamente. Il tanto atteso 'effetto vaccini' inizia a farsi sentire, ma non come avrebbe dovuto. Secondo Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi, la letalità – ovvero il numero di persone morte sul totale di quelle infettate – è ancora troppo alta. I calcoli sono complessi, ma prendendo in considerazioni le dosi iniettate per fascia d’età e il numero di decessi, a ieri la riduzione è stata del 21%. Se avessimo scelto un’altra strada, secondo il modello di Villa, avremmo dovuto avere un calo del 54%.

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"Il motivo è che la campagna vaccinale italiana si è concentrata sin dall’inizio sul mettere in sicurezza il personale sanitario, la cui età mediana – fa notare il ricercatore sul sito dell’Ispi – è solo di poco superiore a quella italiana di 46 anni. Significa che le persone che abbiamo protetto avrebbero comunque avuto una probabilità molto bassa di presentare forme gravi o di morire a causa dell’infezione da Sars-CoV-2, e dunque la riduzione di letalità ottenuta era molto bassa. Nel corso dell’ultimo mese è cominciata e poi andata a regime la vaccinazione delle persone over-80 in Italia, ed è proprio per questo che cominciamo a vedere i primi effetti di riduzione significativa della letalità".

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Effetti che però sarebbero troppo blandi, anche perché stando agli ultimi dati solo 15% degli ultraottantenni avrebbe ricevuto le due dosi del vaccino necessarie per essere considerati protetti. "Se ci fossimo concentrati subito sulla fascia d’età 80-89 anni, e poi via via a scendere, avremmo raggiunto una riduzione della letalità del 54%. Avremmo dimezzato i decessi rispetto a uno scenario senza vaccini". E ancora più sconsolante è notare che la riduzione che abbiamo registrato ieri, scegliendo la strategia più efficace, l’avremmo raggiunta lo scorso primo febbraio. Ovvero quasi due mesi fa.

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Anche Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco e dell’università Statale di Milano, condivide questa analisi. "Tra personale sanitario e over 80 c’è una bella differenza. I secondi sono molti di più e sono anche la categoria che ha dimostrato di essere colpita maggiormente e con più violenza dal Covid. Con tutta franchezza – spiega – avremmo dovuto vaccinare prima gli anziani. C’è anche da dire che proteggere da subito medici e infermieri, quando è iniziata la campagna vaccinale, suonava accettabile, anche perché eravamo tutti convinti che presto avremmo avuto a disposizione tutti i vaccini di cui avevamo bisogno. Tornando indietro, sarebbe stato meglio fare diversamente. Ma era impossibile da sapere".

Andrea Crisanti, invece, è scettico. "La letalità resta alta perché non abbiamo vaccinato abbastanza persone. I decessi avvengono in media dopo 3-5 settimane dall’infezione, mentre l’effetto protettivo dei sieri scatta dopo 2-3 settimane dalla seconda dose. Bisogna combinare i due fattori e andare a vedere quante erano le persone immunizzate sette settimane fa: davvero molte poche. E comunque – conclude il professore di microbiologia all’Università di Padova – vaccinare gli operatori sanitari è stato fondamentale. Sono le persone più esposte e perderle significa in automatico un aumento dei decessi, visto che viene a mancare il personale in grado di curare gli ammalati. È una questione etica. L’operatività del sistema sanitario è una priorità".