Playmen, il nudo in prima pagina. Così una donna rivoluzionò l’Italia

Una mostra a Roma celebra la storia dell’editrice Adelina Tattilo e della leggendaria rivista nata nel 1967. Le dive spogliate in copertina stravolsero i costumi dell’epoca, quando l’erotismo era ancora tabù

Adelina Tattilo è stata giornalista, produttrice cinematografica ed editrice di Playman

Adelina Tattilo è stata giornalista, produttrice cinematografica ed editrice di Playman

Il diavolo sveste Prada. Donne belle e celebri messe a nudo da una signora bionda, influente, pugliese di Manfredonia, imprenditrice di grande successo e altrettanto coraggio. Capace di sfidare negli anni Sessanta le convenzioni dell’Italia ipocrita e bigotta. Si chiamava Adelina Tattilo: è morta nel 2007, a 78 anni, dopo aver segnato un’epoca. È stata l’editrice del fumetto osé Menelik, poi assieme al marito Saro Balsamo della rivista molto hot Men e finalmente di un magazine che avrebbe fatto storia: Playmen. Ovvero un gioco per uomini orchestrato da una femmina, e già questa era una novità rivoluzionaria.

Adelina veniva da una famiglia cattolica ed era andata a scuola dalle suore. Viveva e lavorava nella Roma del Vaticano e della Dc, il suo salotto era frequentato da intellettuali, politici e cardinali, era molto amica di Craxi. Vestiva di bianco. Le piaceva indossare blazer, camicia, pantaloni e cravatta. E ha spogliato decine di stelle dello spettacolo quando faceva ancora scandalo, vietato per legge ai minori. La sua epopea è ora raccontata da una bella mostra al Macro di Roma fino al 30 maggio.

Era il 1967. Il lancio di Playmen le costò un tesoro, ma 4 anni dopo il valore della creatura era più che raddoppiato. Perché lei aveva fiuto e sapeva calcolare i rischi. Playmen fu un azzardo che spiazzò benpensanti e moralisti. Metteva insieme ingredienti non facili. La parola d’ordine era riformare il costume: sosteneva una controcultura che spaziava dalla difesa delle minoranze alla droga ("la marijuana fa bene"), carceri e psicanalisi, divorzio e aborto. In redazione firme prestigiose (Ugo Moretti, Franco Valobra, Pingitore, Giancarlo Fusco, il critico d’arte Marcello Venturoli, i reportage di Fernanda Pivano) assemblate dal direttore Luciano Oppo, figlio del fondatore della Quadriennale. Contributi inediti arrivavano da Carmelo Bene, Henry Miller, Tennessee Williams.

Si discuteva con libertà ed eclettismo: moda e fumetti, letteratura, cinema, pittura, sport, cronaca. E poi le strepitose interviste a Moravia, Sartre, Borges, Vargas Llosa, Neruda, Fellini, Visconti, Bellow, Garcia Marquez. Non mancava nessuno. Ma soprattutto erano le immagini a rompere gli schemi. Adelina aveva seguito il pioniere dell’erotismo Hugh Hefner e il re del porno Larry Flynt, modificando però i canoni sessuali. Anche qui il nudo – fotografato da Rocchi, Frontoni, Cattarinich – trionfava in copertina, si apriva nel paginone centrale, farciva i servizi interni. Nudo elegante, raffinato, su carta di qualità e profondamente italiano. Nudo di attrici famose e ragazze reali, vere, belle perché imperfette, che incontravi alla fermata del bus e ritrovavi a sorpresa senza veli sulla rivista. "Gli americani preferiscono seni esagerati, voluminosi, calde bambinaie dal rassicurante aspetto materno. I nostri vogliono altro", spiegava l’editrice in un’intervista a Time. Lei gli ha dato Ornella Muti, la Fenech, Patty Pravo. E la Bardot sulla copertina del primo numero. Le copie sbarcavano in edicola il sabato quando la polizia allentava i controlli, i lettori – fino a 450mila copie vendute al mese – correvano a precedere i sequestri dei magistrati.

Fra Playmen e la versione tricolore di Playboy fu lotta spietata. Guerre pubiche, le definirono. Vinse Adelina con un colpo allo stomaco che atterrò il rivale nel dicembre ‘72: le foto di Jackie, vedova Kennedy, completamente nuda a Skorpios, l’isola di Onassis. Uno choc e una sfida alla censura dell’armatore greco, uno dei maschi più ricchi e potenti del mondo. "Nessuno tranne me volle pubblicare gli scatti, strappai il servizio a un quarto dell’altissimo prezzo richiesto. Ho sempre avuto il coraggio di capire quel che interessa alla gente", raccontò più tardi. Tutto finì nel 2001, inizio del nuovo secolo. Davanti alla travolgente volgarità del porno in videocassette e sul web, si chiudeva l’avventura editoriale di Adelina. Per sempre.