Martedì 23 Aprile 2024

Eparina e plasma, c’è la cura anti Covid

A due mesi dall’esplosione della pandemia ecco le cure efficaci e una lista di tanti falsi miti dagli effetti collaterali dannosi

Bari, campioni di plasma prelevati da donatori volontari guariti da Covid-19

Bari, campioni di plasma prelevati da donatori volontari guariti da Covid-19

Roma, 21 maggio 2020 - L'improvvisa comparsa del Sars-Cov-2 e la sua rapida diffusione hanno trovato tutti spiazzati rispetto ai trattamenti da utilizzare per curare il complesso di sintomi che compare in una relativamente piccola percentuale dei soggetti infettati. A parte l’impiego dell’ossigeno in varie forme e con diverse apparecchiature, giustificato dalla fame d’aria che caratterizza alcuni soggetti infetti, si è assistito all’impiego di un gran numero di farmaci sulla base di ipotesi generate dal buon senso, ma prive di quella base di evidenza scientifica che può essere dimostrata – salvo effetti miracolosi – solo da studi clinici controllati.

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Che cosa si può dire oggi rispetto ai trattamenti in atto? Anzitutto rimane l’indicazione di trattare gli attacchi febbrili con paracetamolo. I dati esistenti, inoltre, non indicano, come si era temuto, di evitare l’impiego di alcuni farmaci anti-ipertensivi – ACE inibitori e sartani – per una eventuale facilitazione dell’ingresso del virus nelle cellule. Non ha alcun effetto preventivo o curativo la somministrazione di vitamine, da sole o associate, come pure l’impiego di integratori alimentari. È senza base scientifica e quindi non etico continuare il trattamento con la combinazione di due farmaci anti-Hiv (anti Aids), ritonavir e lopinavir, perché vari studi li ritengono non solo privi di efficacia, ma addirittura tossici. Infatti circa il 14 percento dei trattati con questa combinazione di farmaci deve abbandonare il trattamento per gravi effetti tossici. Per un altro farmaco antivirale, il remdesivir, - approvato dalla agenzia dei farmaci americana (FDA), ma non ancora valutato dall’agenzia europea (EMA) - si presumevano migliori risultati; ma in realtà non modifica la mortalità e riduce solo di qualche giorno la degenza in ospedale. Speriamo perciò in altri antivirali che sono in corso di sperimentazione.

Decisamente negativi anche i risultati di un farmaco che sembrava importante, la clorochina e il suo analogo idrossiclorochina, oggetto di accaparramento nei mesi scorsi. Le informazioni aneddotiche erano partite dalla Francia e ci potevano essere delle ragioni per l’impiego di questo farmaco, utilizzato per la profilassi della malaria e più recentemente per il trattamento dell’artrite e di malattie autoimmunitarie. I risultati sulla mortalità sono negativi e sono invece preoccupanti gli effetti tossici sul sistema cardiovascolare e cerebrovascolare. Quindi questi farmaci non vanno più utilizzati. Fra l’altro queste clorochine sono spesso associate a un antibiotico, l’azitromicina, utilizzato per le infezioni batteriche polmonari. Anche questo antibiotico, da solo o associato, non ha dato alcun vantaggio mentre non è privo, come tutti i farmaci di effetti collaterali. Non solo ma l’impiego di questo antibiotico senza ragioni può determinare la comparsa di batteri resistenti, che si assomma alla resistenza già presente per molti antibiotici. Questo è, soprattutto in Italia, la conseguenza di un uso inappropriato di questi farmaci, un problema che può divenire peggiore dell’attuale pandemia, se non si troveranno nuovi antibiotici. 

Non abbiamo invece ancora risultati sui farmaci che agiscono come antiinfiammatori, bloccando l’azione dei vari fattori dell’infiammazione che non aiutano le difese contro la polmonite indotta dal virus. Attendiamo quindi con speranza gli studi sul tocilizumab e analoghi. Infine, sembra ragionevole l’impiego dell’eparina per evitare la formazione di trombi nei capillari, anche se non si hanno ancora i risultati di studi clinici controllati.

Sulla base di dati aneddotici ma anche dell’esperienza derivante dall’impiego ormai secolare, sembra portare benefici l’utilizzo del plasma di soggetti convalescenti dalla malattia Covid. È un trattamento già impiegato in passato per malati di difterite, di rabbia o di tetano che non siano stati vaccinati. Sono già in corso molti studi per estrarre dal plasma gli anticorpi neutralizzanti per il Sars-Cov-2 e, se tutto va bene, avremo a disposizione, forse prima del vaccino, anticorpi prodotti in laboratorio. È di questi giorni la notizia di un gruppo di ricerca senese che ha già sintetizzato 17 anticorpi monoclonali contro il virus e sta selezionando i più attivi. Altre possibilità sono rappresentate dalla produzione di anticorpi da maiali geneticamente modificati o dalla individuazione di frammenti di anticorpi, che possano essere sintetizzati chimicamente. Il tempo ci dirà se qualcuno di questi approcci avrà l’atteso successo. Si tratta comunque di trattamenti curativi che non sostituiranno l’effetto preventivo del vaccino.

di SILVIO GARATTINI, Presidente Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS