Giovedì 25 Aprile 2024

Più dannunziano che banchiere Ma non è servito

Davide

Rondoni

La vera scoperta di ieri è che Draghi non è un banchiere ma una vecchia professoressa di lettere. Il suo discorso duro, ultimativo ai parlamentari e ai loro leader è stato un misto tra stile Ciceroniano e retorica carducciana. L’elenco dei meriti, l’encomio dell’Italia che sembra essersi “desta” grazie allo “spirito repubblicano” e la constatazione dell’amore al suo governo, e “a chiederlo sono soprattutto gli italiani” (anche se non votano o votano in pochi da un po’). La figura retorica più usata, oltre alla evocazione di meriti del governo e delle folle esultanti, è l’iterazione, la ripetizione. Figura retorica difficile da usare senza il rischio di cadere nel trombonismo. Figura che troviamo nella grande poesia dei Salmi, in certe magnetiche terzine di Dante, che pur ci andava accorto, e in certe metafore barocche di Shakespeare. Figura poetica retorica che serve a drammatizzare il discorso, a elevarne il pathos forse oltre la soglia di pathos medesimo implicita nel contenuto.

Ma Draghi l’ha impugnata, nel pieno del discorso, fino all’acme di quella domanda ripetuta, quasi da discorso dannunziano ai propri commilitoni di Fiume “Siete pronti ? Siete pronti ? Siete pronti ?”. Ma di dannunziano in quel Parlamento c’è pochino e dunque anche la “professoressa” ha dovuto cedere i furori carducciani e dannunziani e ripiegare a una prosa più modesta. Nel secondo intervento di replica, ha preso la matita rossa in mano e ha voluto rispiegare come dinanzi a alunni non molto “pronti” che lui è democratico parlamentarista, che i colpevoli del caos “superbonus” non sono nel governo ma “loro” (chi ? dei funzionari del Mef? chi? ah funziona la suspence...) e che si poteva votare la risoluzione dell’evergreen Casini, uomo di prosa asciutta, che recitava “La Prof.ssa ha sempre ragione”. Ma gli scolari si sa, anche quando sono deferenti verso le prof., non sempre la pensano così.