Giovedì 18 Aprile 2024

Più campi per il grano e uffici freddi Ecco l’economia di guerra dell’Italia

Lampioni spenti in anticipo, riscaldamento giù di due gradi negli edifici pubblici e privati. Lo spettro della recessione

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di Antonella Coppari

Discretamente, senza fragorosi annunci ufficiali, l’economia di guerra muove i primi passi. Entro un paio di settimane le strade saranno più buie, l’illuminazione dei monumenti verrà abbassata, anche i lampioni lasceranno più spazio alla notte. Sono in programma un paio di gradi in meno di riscaldamento negli edifici pubblici e privati, forse variazioni nell’apertura di uffici, soprattutto al Sud. Per fortuna andiamo incontro alla bella stagione che aiuterà ad attutire il colpo. Ma non è detto che basti l’estate per uscire dalla crisi. Le linee del piano per fronteggiare l’ondata di ritorno del conflitto e delle sanzioni contro la Russia sono state tratteggiate ieri in consiglio dei ministri, dove la parola ’recessione’ era il convitato di pietra. Quindi Draghi è volato a Versailles per il consiglio europeo, e dopo dopo un colloquio con Macron, l’ha messa giù così: "Recessione? No, c’è stato un rallentamento della crescita, dobbiamo sostenere il potere d’acquisto delle famiglie. Dobbiamo affrontare subito queste strozzature, queste mancanze di materie prime".

E così, il governo dovrebbe varare un decreto la settimana prossima per intervenire sui punti critici, che però sono tanti: energia, comparto agroalimentare, materie prime, sostegni alla produzione, alle famiglie e alle aziende. Con i ristori per le imprese, il ministro dello Sviluppo, Giorgetti, ha squadernato un elenco di proposte sul fronte delle materie prime: la principale è il blocco delle esportazioni di quelle più rare. Ferro, rame, nichel, argilla e alcuni prodotti agricoli ora difficili da reperire. Ha pure ipotizzato l’introduzione di dazi, previo okay della Ue. "Sto cercando nuovi fornitori in sostituzione di russi e ucraini". Infine il Mise ha proposto un rafforzamento degli impianti di stoccaggio.

Comunque la si giri, il vero punto critico è l’energia: l’Italia è paese di trasformazione di materie, lavoro per cui il dispendio di energia è altissimo. I risparmi ipotizzati non bastano a fronteggiare l’emergenza: di qui, l’urlo di allarme lanciato dalle Province. "Servono altri 40 milioni per scongiurare l’introduzione nelle scuole della settimana corta, la chiusura di impianti sportivi nel pomeriggio o la diminuzione dell’erogazione del riscaldamento". Per attenuare l’urto del caro bolletta non basterà confermare la sterilizzazione dell’Iva al 5% e l’abbattimento degli oneri aggiuntivi: servirà mettere un tetto al prezzo del kilowattora e del metro cubo di gas. Una parte del decreto riguarderà la diversificazione delle fonti. Per accelerare il passaggio alle rinnovabili è necessario disboscare la foresta delle autorizzazioni. Occorre tempo, così ora si ricorre al gas liquido americano.

Per abbattere però i costi dei rigassificatori, bisognerà collocarli in mare riconvertendo all’uso le navi. Quanto alla benzina la maggioranza punta a sterilizzare l’Iva sui rincari. Nell’agenda dei problemi il comparto agroalimentare viene subito dopo quello energetico, flagellato dalla penuria di grano tenero, mais ma anche di fertilizzanti per la maggior parte di provenienza russa. Nessuno pensa di rinunciare a pane, pasta o pizza: "L’esigenza primaria – ha sottolineato il ministro Patuanelli – è semplificare". Specie a Bruxelles. Cui da un lato, il titolare dell’Agricoltura chiede di rinviare l’entrata in vigore delle misure che limitano la produzione, dall’altro di sospendere la regola che impone di mantenere incolto il 5% del territori, così da recuperare 200mila ettari.

Tutto ciò costerà molto. Ecco perché Draghi dice che serve un drastico intervento della Ue, tipo quello messo in campo per il Covid, e Parigi è d’accordo. E si chiede pure il blocco delle regole che limitano gli aiuti di Stato ad aziende in difficoltà. Naturalmente, il contenuto del decreto dipende dagli esiti delle trattative a Versailles. Ovvio che se si attuasse il completo embargo sulle forniture di gas russo, come vogliono alcuni Stati, interventi come questi servirebbero poco.