GIRONA (Spagna) "Asesinado". È la declinazione più tremenda dell’omicidio, in Spagna. Ed è questa la classificazione che i nove giudici popolari del Tribunal del jurado di Girona hanno sentenziato per la morte di Niccolò Ciatti, ucciso a 21 anni da un calcio alla testa, sulla pista di una discoteca di Lloret de Mar, nell’agosto del 2017. Il ceceno Rassoul Bissoultanov, la montagna di muscoli che sferrò quella pedata, colpì pure a tradimento, approfittando di Niccolò indifeso a terra, ha stabilito ancora il verdetto letto dal portavoce dei giurati, al termine di una camera di consiglio durata esattamente 24 ore. Ma non è finita. Ora, sarà il giudice Adolfo Garcia Morales a tradurre in una pena la decisione del popolo catalano, rappresentato (ma l’identità dei giurati è segretissima) da un ex poliziotto, diverse donne e un paio di giovani dell’età della vittima. La pubblica accusa chiede 24 anni, più ulteriori 9 di libertà vigilata. L’avvocato della famiglia Ciatti 25, il massimo. La difesa dell’imputato 15, il minimo. La sentenza è attesa entro la fine del mese. La giornata infinita. Nella piccola aula al primo piano del palagiustizia di Girona, non c’è stata nessuna festa. Tiepida la reazione dei Ciatti, stremati da una lunghissima giornata di attesa (accanto a loro anche il Console italiano a Barcellona), nel giorno più caldo della settimana in Costa Brava. Per di più, hanno visto mandare assolto l’altro ceceno, Movsar Magomadov che nel video del pestaggio indossava la maglietta rossa e che, per la famiglia di Niccolò, avrebbe avuto un ruolo fondamentale nel parare le spalle all’assassino e distrarre loro figlio, che quando riceve il calcio alla testa sta guardando proprio lui. Il voto segreto. È il portavoce dei giurati a leggere i risultati dei quesiti posti giovedì prima dell’ingresso in camera di consiglio. Per sette giudici popolari su nove, Bissoultanov ha agito con la consapevolezza che il suo calcio indirizzato alla testa, in virtù della prestanza fisica e delle conoscenze delle arti marziali, potesse uccidere. Sempre sette giurati su nove, hanno visto in quell’esecuzione l’alevosia’ il colpo a tradimento: l’aver approfittato delle condizioni di minorata difesa in cui si trovava il commerciante di Scandicci, già ko sulla pista del locale St Trop sguarnito di security. Per nove giurati su nove, invece, Magomadov non ha avuto alcuna responsabilità nell’omicidio. La battaglia continua. Ma il cammino della "Giustizia per Niccolò", divenuto uno slogan durante i cinque anni che ci sono voluti per arrivare alla prima sentenza, non si ferma. Già in settimana, si torna in aula, per il processo italiano a Roma. Entrambi gli Stati si sono tenuti la giurisdizione del procedimento, sarà definitiva la condanna che arriverà prima in fondo all’iter giuridico. La Spagna per ora è in vantaggio, ma non si sa mai. "Noi siamo pronti ad andare fino alla Corte europea", fa sapere Luigi, papà della vittima. Stefano Brogioni