Giovedì 18 Aprile 2024

"Piano piano... mi riprendo la scena Nuti-Benvenuti, che bravi Giancattivi"

Cinquant’anni fa la nascita del trio. L’attrice si racconta: troppi amici spariti quando sono stata male "Con Francesco non serve parlare: andai a trovarlo in ospedale, 5 minuti di silenzio e poi un forte abbraccio"

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di Giovanni Bogani

La risata è forte. È quella che conosci. Una risata che metteva allegria, piena di vita.

Come sta, Athina Cenci? "Ahahah! Come sto? Bene. Abbastanza bene. Piano piano. Piano piano". Sarà il suo mantra, nel corso dell’intervista. Piano piano? "Piano piano. La vita ricomincia, piano piano. A volte mi stanco. Devo fare piano piano".

Piano piano, Athina racconta la sua rinascita, il suo ritorno dal paese del silenzio. L’anima femminile del trio comico I Giancattivi, Athina, nome da divinità greca: nata nel Dodecaneso, da una famiglia italiana, all’indomani della fine della Seconda guerra mondiale, nel 1946. Cresce artisticamente fra Prato e Firenze, fra il Metastasio e il più “politico“ teatro di Rifredi. Lì, nel 1972, nacquero i Giancattivi, con lei, Alessandro Benvenuti e Paolo Nativi. Giancattivi come "iam captivi", il nome degli schiavi liberati nell’antica Roma. È il regista Enzo Trapani a proporre loro una trasmissione in Rai. E loro, in quegli anni, neanche possedevano un televisore.

Athina, in questi giorni si compiono cinquant’anni dalla nascita dei Giancattivi. Che cosa ricorda?

"Tutto. I primi anni, con Alessandro Benvenuti e con Paolo Nativi. Lavoravamo tanto, senza fermarci mai, facevamo tanti spettacoli. Poi Paolo si ammalò, e in pochi mesi fu portato via da una malattia. Lavorammo con Franco Di Francescantonio, con Antonio Catalano. E poi venne un ragazzo giovane, pieno di voglia di fare: Francesco Nuti".

E venne la televisione: Non Stop, trasmissione che portava in tv tutti i comici emergenti: Massimo Troisi con La smorfia, Carlo Verdone. E voi.

"Ahahah! È vero. Poi facemmo il film. Con quel titolo bellissimo".

Ad Ovest di Paperino: dove Paperino non è il personaggio a fumetti, ma un quartiere di Prato.

"Fu anche l’ultima cosa che facemmo tutti e tre insieme".

Era il 1981. Francesco Nuti abbandona il gruppo e girerà i suoi film, tra enormi successi commerciali e crisi personali. Athina proseguirà in teatro, in tv, al cinema. Fa anche politica, entra nel consiglio comunale di Firenze nel giugno 1999. Poi, il 13 settembre 2001, proprio durante una seduta del consiglio comunale, si sente male. Viene operata d’urgenza, all’ospedale San Camillo di Roma, per un’emorragia cerebrale causata da un aneurisma.

Se la sente di rievocare il momento in cui tutto sembrò fermarsi, per lei?

"Mi sentii male, sono svenuta. Il mio compagno, Paolo Bernardi, mi portò in ospedale. Mi risvegliai dopo una settimana di coma, non riuscivo più a parlare".

Non riuscire a parlare è una condanna per chiunque: per un’attrice una condanna doppia.

"Eh sì! Volevo parlare, e non parlavo più. Per un attore, perdere la parola è una cosa tremenda. Non so dove ho trovato la forza per andare avanti. Ho avuto molta pazienza, e ne ha avuta chi ha lavorato insieme a me per farmi riacquistare la parola".

Ha fatto esercizi di logopedia?

"Tanti. Ho studiato molto, come a scuola".

I suoi colleghi attori, registi, le sono stati vicino?

"È stata dura. Nel momento in cui avresti bisogno che gli altri ti fossero vicini, non li trovi più. Molti sono spariti. Ma li capisco, la malattia fa paura. Sono rimasti mio fratello Mario e il mio compagno Paolo".

Di fronte a una prova personale così dura, com’è andata con il suo rapporto con la fede?

"In generale, non sono così saldamente credente. Ma sono andata a Medjugorje, e sono rimasta colpita. Da quell’atmosfera, dal senso di soprannaturale che si sentiva, in quel luogo".

Ma torniamo a voi "ragazzi". A Francesco Nuti. Ma è vero che era pazzo di lei?

"Ahahahahah! Chissà… Beh, forse fu proprio quella la causa dello scioglimento del gruppo".

Lo ha rivisto?

"Sì: sono andata a trovarlo, quando era in ospedale, più di una volta. La prima volta ci siamo guardati senza parlare per cinque minuti, e poi ci siamo abbracciati fortissimo".

E con Alessandro Benvenuti? Ha continuato a lavorare con lui anche dopo lo scioglimento del gruppo. In Zitti e Mosca, in Benvenuti a casa Gori e Ritorno a casa Gori. Come sono stati i vostri rapporti?

"Alessandro non ha un carattere facile, ci si manda spesso a quel paese. Ma gli voglio molto bene. Sono andata a vederlo a teatro non più tardi di un mese fa, a Tor di Nona. Poi l’altro giorno ci ho litigato. Ma va bene".

Che cosa ha fatto, in questi anni?

"Ho letto molto. Molta poesia, le poesie di Alda Merini mi hanno confortato molto".

Ha visto i film del nuovo cinema italiano?

"Sì, mi sono piaciuti molto i film di Matteo Garrone, ma anche quelli recenti di Verdone. Ho perso tanti anni, mi sarebbe piaciuto lavorare di nuovo".

Adesso però ha ripreso. Ha partecipato a due film: Quel genio del mio amico di Alessandro Sarti e Vi voglio cattivi di Andrea Muzzi. E al cortometraggio I bambini di Scampia. Ha vinto anche un premio: il premio Stenterello…

"Ahahah! Sì, me lo ha consegnato Andrea Muzzi, attore, regista e grande amico. E per me è stato come vincere l’Oscar. Quel giorno c’era anche Narciso Parigi, il cantante che ha portato lo stornello toscano nel mondo. Mi voleva molto bene, Narciso".

In Quel genio del mio amico ha recitato in costume…

"È una commedia su Leonardo da Vinci, interpretata da Sergio Forconi, altro attore a me caro. C’è stata la prima pochi giorni fa: mi hanno detto che hanno applaudito a scena aperta".

Adesso le parole ritornano, e il lavoro anche…

"Sì. Piano piano…".

Piano piano. E ride, di nuovo, con quella risata così bella, così pura.