Più poeti, meno manager e scienziati

Davide

Rondoni

Mi han sempre detto: voi poeti siete tipi sulle nuvole. Balle, ma lo dicono. E invece quelli che si occupano di cose serie, che so, la scienza la salute gli affari, quelle sono persone concrete, serie. Ma ora ascoltatemi: andate a quel paese. Io, poeta che si occupa di cose inutili, chiedo a voi che vi occupate di cose utili: dove eravate in questi anni mentre si annunciavano pandemie, anni (non uno, ma sette, otto, dieci) in cui si sapeva cosa sarebbe arrivato, dove eravate invece di potenziare e cambiare i servizi sanitari che dirigete ? dove eravate invece di accrescere gli specialisti in certe discipline? Perché continuate a parlare in tv invece di andarvi a nascondere ? Dove eravate uomini di affari che ora lucrate sulle azioni di bigpharma? Se a noi poeti, avessero detto, come a voi hanno annunciato pandemie, che in pochi anni sarebbero venute meno le edizioni di Dante o di Omero, ci saremmo dati da fare alla grande per impedire il disastro. E invece arriviamo oggi dopo un anno a bloccare la società, deprimere i giovani, frustrare le persone, e vederne morire tanti, perchè non avete fatto un piano vaccinale, organizzato ospedali, formato nuovi medici, garantito procedure trasparenti di produzioni. Lo sapevate. Ma forse eravate occupati dalle vostre carriere, dalle vostre gite in barca. Non avete urlato, non vi siete occupati seriamente delle cose che chiamate serie. Io vi accuso, con infinita pietà ma anche infinita rabbia, e disprezzo per la retorica, il sussiego di passare per gente seria, mica come noi artisti, gente poco inutile. Inutili vi siete rivelati voi, nonostante i vostri titoli e stipendi. O forse utili sì, ma ai possessori di brevetti, ai venditori di salute, a coloro che si sono smodatamente arricchiti mentre il mondo muore. Ora la nostra arte inutile sostiene la speranza delle persone, la vostra inutile serietà le sprofonda. Di questo vi accuso.