Giovedì 18 Aprile 2024

Pfizer non ce la fa, produzione da condividere "Meno dosi anche la prossima settimana"

Sanofi tratta col colosso Usa per usare i propri stabilimenti. Arcuri annuncia azioni legali in sede civile e penale "per tutelare gli italiani"

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di Alessandro Farruggia

L’Italia farà causa a Pfizer che ritarderà nella consegna delle dosi anche la prossima settimana. Lo ha messo nero su bianco il commissario Domenico Arcuri ieri sera sottolineando che la prossima settimana "non solo non verranno consegnate in Italia le dosi che sono state unilateralmente e senza preavviso non consegnate in questa settimana, pari al 29%, ma ci sarà una pur lieve ulteriore riduzione delle consegne".

Arcuri ha spiegato in un vertice con le Regioni che dopo la comunicazione della Pfizer di ieri sono confermate le azioni legali "in sede civile e penale" contro l’azienda americana per chiedere il rispetto degli obblighi contrattuali. Come d’altronde aveva anticipato alcune ore prima il ministro Francesco Boccia. "Abbiamo l’urgenza, legata alla scelta unilaterale della Pfizer di ridurre la distribuzione dei vaccini in questa settimana in Italia – ha detto Boccia – di intraprendere azioni legali concordate perché pretendiamo rispetto per il nostro Paese sugli accordi europei presi. Abbiamo la necessità di chiarezza sulle distribuzioni settimanali senza più riduzioni unilaterali senza preavviso".

Il governo deve quindi rimettere mano al piano con un meccanismo di solidarietà tra Regioni: chi ha conservato più dosi ne cederà una parte a quelle che non hanno scorte. E dalle Regioni è venuto un parere favorevole.

Per fare fronte alle inadempienze di Pfizer la soluzione apparentemente logica sarebbe quella di moltiplicare i centri di produzione dei vaccini. Producendo i sieri anche in Italia, nelle tante aziende farmaceutiche del Paese, almeno per qualche mese. La produzione ’conto terzi’ è già oggi una realtà, senza che per questo vengano messi in discussione i diritti dei produttori, che percepiscono royalties sui farmaci prodotti su licenza. Tra i favorevoli a questa soluzione c’è l’immunologa padovana Antonella Viola e il governatore del Veneto Luca Zaia, che ha messo a disposizione anche le finanze regionali, se necessario. Ma Pfizer – che sta trattando con la francese Sanofi per una partnership nella produzione, con colloqui che avrebbero interessato anche la tedesca Bayer – non sembra essere interessata a produrre in Italia, dove pure ha due stabilimenti, e comunque ritiene che ci vorrebbero mesi per portare ad un impatto significativo. E questo è il problema principale.

"I vaccini – osserva Massimo Scaccabarozzi, presidente di Farmindustria e Ad di Janssen, l’azienda che produce il vaccino della Johnson & Johnson – sono prodotti biologici con un ciclo produttivo complesso. Per produrli servono dei macchinari che si chiamano bioreattori. Anche partendo domani e avendo eccezionalmente tutti i macchinari necessari servirebbero almeno 4-5 mesi per avere la prima dose. Purtroppo, ci vuole tempo. Va anche detto che se noi abbiamo oggi, a poche settimane dall’approvazione di Ema, i vaccini di Pfizer e Moderna è solo perché queste aziende avevano iniziato a produrli la scorsa estate, rischiando e investendo di tasca loro". "Quanto alla possibilità di produrre questi vaccini in Italia, ci sono aziende che teoricamente potrebbero farlo per conto terzi. So che Pfizer sta parlando con alcune aziende, non italiane, per una partnership nella produzione, ma resta il fatto che comunque servirebbero mesi e le dosi aggiuntive arriverebbero quando probabilmente saranno stati approvati almeno altri due vaccini e non ci sarà un problema di disponibilità". AstraZeneca e Janssen hanno peraltro deciso che una fase della produzione – l’infialatura – sarà effettuata da una azienda italiana, la Catalent di Anagni.

Novità anche sul fronte della clamorosa proposta del neoassessore alla sanità e vicepresidente della Lombardia Letizia Moratti che l’altroieri aveva suggerito di considerare il contributo al Pil nazionale come uno dei criteri per la ripartizione delle dosi di vaccino anti-Covid. Nel testo della lettera inviata al commissario Arcuri, non c’è un accenno esplicito al Pil bensì a una "prevalenza e incidenza elevate" del virus, "all’elevata urbanizzazione" e alla "mobilità intra ed extra regionale" della Lombardia, "manifestazione del dinamismo economico" della regione che "deve essere preservato in quanto motore trainante del Paese".