"Accerchiata e molestata dal branco. Sul treno di Peschiera un inferno, ero in panico"

Parla una delle ragazze aggredite sul regionale a Peschiera del Garda. Il governatore Zaia: tolleranza zero

Controlli della Polizia nelle stazioni

Controlli della Polizia nelle stazioni

Milano, 5 giugno 2022 - Tra i partecipanti al megaraduno convocato su TikTok dello scorso 2 giugno sul lago di Garda (Verona) "con molta probabilità – secondo il sindaco di Castelnuovo del Garda, Domenico Dal Cero – c’erano anche gli autori delle aggressioni ai danni di un gruppo di adolescenti che stava tornando a casa in treno dopo una giornata trascorsa a Gardaland". 

La polizia ha identificato molti giovanissimi e minorenni per una maxi rissa che si è generata tra Peschiera e Castelnuovo. Per il raduno, in tanti sono arrivati dal Veronese, da altre province del Veneto, ma soprattutto dalla Lombardia, fino a Milano. Oltre a rissa aggravata, una delle accuse ipotizzate, cui si potrà dar seguito solo in seguito alla denuncia delle parti offese, è di danneggiamenti. I più scalmanati sono saliti sulle auto in sosta. 

"Siamo molto preoccupati - ha Dal Cero - perché episodi come questo sono già successi in passato, ma soprattutto lo siamo per il numero di giovani coinvolti ed in particolare perché il tam tam sui social ha annunciato un nuovo assalto per oggi». In vista di un possibile nuovo raduno, il prefetto di Verona, Donato Cafagna, al termine del Comitato provinciale straordinario per l’ordine e le sicurezza pubblica ha annunciato un rafforzamento dei presidi di sicurezza, a cominciare dalla stazione ferroviaria di Peschiera. «Pensare che delle ragazze vengano importunate, molestate o che siano oggetto di aggressione nei nostri territori non esiste – ha spiegato il presidente dela Regione, Luca Zaia –. Il mio appello è che ci sia tolleranza zero e che forze dell’ordine ci mettano il massimo impegno a trovare i responsabili"

L'intervista - di Marianna Vazzana

"Cercavo di raggiungere la carrozza di testa insieme alle mie amiche. Abbiamo camminato a fatica per tre o quattro vagoni, facendoci largo tra la folla, ma la ressa non diminuiva. Anzi: più avanzavo e più la calca aumentava. Mi sentivo soffocare. Ho avuto un attacco di panico e ho cercato un sedile. Mentre mi spostavo, sono stata palpeggiata sul sedere almeno tre volte". A parlare è una ragazza di 16 anni che insieme ad altre cinque, come raccontato ieri su queste pagine, giovedì sera è stata molestata sul treno regionale 2640 che da Peschiera del Garda l’avrebbe riportata a casa, a Milano, dopo una giornata a Gardaland. La gita che le giovani avevano organizzato in occasione della Festa della Repubblica si è trasformata in un incubo. Venerdì, le giovani hanno sporto denuncia al compartimento della Polizia Ferroviaria Lombardia a Milano Centrale.

A che ora ha raggiunto la stazione per rientrare a Milano?

"Poco dopo le 17.30 di giovedì. Ero insieme ad altre tre amiche alla stazione di Peschiera del Garda ad aspettare il treno regionale proveniente da Verona, su cui saremmo salite alle 17.59, con arrivo a Milano Centrale previsto per le 19.35. Ma è successo qualcosa che non potevamo prevedere".

Cosa?

"Il binario numero 3 era invaso da più di cento ragazzi, la maggior parte maschi, di origine nordafricana (con tutta probabilità, parte della folla di giovanissimi che nel pomeriggio aveva preso d’assalto la riva del Basso Lago di Garda dopo un annuncio comparso su TikTok, trasformandola nel teatro di una maxi rissa, ndr ): urlavano e correvano da tutte le parti. Alcuni sputavano sui finestrini di treni in sosta. Hanno causato ritardi alla circolazione. Sulla banchina abbiamo stretto amicizia con altre due ragazze della nostra età, di Pavia, spaventate come noi per quello che stava succedendo. Abbiamo quindi deciso di restare unite".

Quando è arrivato il treno siete riuscite a salire subito?

"Sì ma con molta fatica: tutti i ragazzi che erano in banchina sono saliti a bordo, ammassati, causando un sovraffollamento. Appena le porte si sono chiuse ho faticato a respirare. Ero circondata da persone e c’era un caldo asfissiante. Probabilmente per le troppe persone presenti, il treno non partiva. Siamo rimasti bloccati per 10 minuti in quelle condizioni. Ho iniziato a sentirmi male, speravo che le porte si potessero riaprire. Ma qualcuno di quei ragazzi ha tirato la leva di emergenza facendo scattare l’allarme. Il ritardo aumentava... Poi, il treno è partito. Nel frattempo una delle altre ragazze era riuscita, in lacrime, a chiamare suo padre, il quale le ha suggerito di raggiungere la carrozza di testa per cercare il capotreno o qualcuno che potesse fornirci assistenza. Così tutte e sei ci siamo spostate".

E poi?

"La situazione è peggiorata. Ero circondata da almeno 30 ragazzi. Alcuni si erano arrampicati sulle cappelliere e lì si erano sdraiati. Mentre camminavamo, ci toccavano e ci deridevano, dandoci delle ‘privilegiate’ perché ’bianche’. ‘Le donne bianche non salgono’, ‘Decidiamo noi chi sale e chi scende’. Sentivo queste frasi. Ho avuto un attacco di panico, ho dovuto cercare un posto per sedermi. E sono stata palpeggiata almeno tre volte. Anche le mie amiche stavano male, piangevano. Alcuni di quei ragazzi mi hanno sventolato una maglietta sulla faccia, come se volessero aiutarmi, ma in realtà ridevano. Io stavo sempre più male".

È riuscita a vedere chi l’ha palpeggiata?

"Ero molto impaurita ma saprei riconoscere alcune facce. Ho visto che due mie amiche venivano molestate nello stesso momento".

Come siete riuscite a scendere?

"Quando il treno si è fermato alla stazione di Desenzano del Garda ci siamo lanciate verso le porte ma uno dei presenti si è parato davanti per impedirne l’apertura. Noi eravamo terrorizzate, abbiamo implorato aiuto a un altro ragazzo a bordo, sempre nordafricano, che per fortuna ha allontanato gli altri consentendoci di aprire le porte e di scappare sulla banchina, dove c’erano altre adolescenti in attesa. Noi le abbiamo avvisate: ‘Non salite su quel treno!’, e ci hanno dato retta. Poi abbiamo chiamato i nostri genitori che sono arrivati a prenderci in macchina. Sul treno e in stazione non c’era nessuno, né dipendenti delle Ferrovie e né rappresentanti delle forze dell’ordine".

Come mai non ha chiamato il 112?

"Perché ero in balìa di quei ragazzi. Temevo che avrebbero potuto farmi del male se mi avessero vista comporre il numero sullo smartphone o se mi avessero sentito chiedere aiuto. A distanza di due giorni sono ancora sotto choc".