Mercoledì 24 Aprile 2024

Perdere un figlio Quando il dolore è indefinibile

Roberto

Pazzi

arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia, celebrando i funerali del piccolo di tre anni fatto cadere dal balcone dal folle domestico, senza trattenere le lacrime ha definito "una perdita indicibile" quella di Samuele, pensando al padre e alla madre. Da sempre sappiamo che la perdita di un figlio è un dolore contro natura fra i più indicibili. Gli antichi romani lo consideravano fra gli accadimenti tragici ma possibili solo in guerra, quando avviene che un giovane caduto sia portato alla sepoltura dai genitori, che venivano consolati da sapere di averlo offerto alla patria, per la difesa della comunità nazionale.

Ma le circostanze della morte di Samuele non hanno nemmeno questa possibile estrema consolazione. Non c’era una guerra in corso, ma solo l’accanimento di un destino assurdo. Sono circostanze dovute alla follia di un malato, a una mostruosità che non trova spiegazioni se non nel concorso di condizioni fatali, di un caso che chiamare maligno è poco. I dolori più indicibili che possano colpirci, di cui parlava l’arcivescovo napoletano, sono forse elencati nell’Amleto, nel terzo atto del dramma shakesperiano. E sono quelli che motivano il suicidio o almeno la tentazione di accarezzarlo. Eccoli. Gli scherni del Tempo, gli insulti della vecchiaia insomma. I torti subiti dall’oppressore. L’ingiuria del superbo. Gli spasimi dell’amore disprezzato. Il ritardo delle leggi. L’insolenza dei potenti. Il disprezzo che il merito non riconosciuto riceve dagli indegni. Ma in un’altra pagina di Shakespeare, in Re Lear, c’è posto anche per il piccolo Samuele e i suoi straziati genitori. Ed è nelle allucinate domande senza risposta del re e padre disperato, che regge fra le braccia il corpo della sua giovane Cordelia, la figlia prediletta: "Perché un cane, un cavallo, un topo, debbono aver vita, e tu neanche un soffio? Tu non ritornerai più, mai, mai, mai, mai, mai!".