Perché l’uomo uccide la donna (più di prima)

L’orrore di Vicenza

Michele Brambilla

Michele Brambilla

Ogni volta che un uomo uccide una donna, c’è qualcuno che si chiede: ma questi femminicidi (che una volta non venivano nemmeno chiamati così) non è che ci sono sempre stati ma non se ne parlava? Non è che stiamo creando un fenomeno più mediatico che altro? La risposta è: no, non stiamo creando un fenomeno mediatico, e di femminicidi ce ne saranno anche sempre stati, ma non come oggi. Infatti praticamente ogni giorno (o quasi) se ne registra uno. L’altro ieri un uomo, dalle parti di Vicenza, ne ha addirittura uccise due, di donne. Prima la sua compagna attuale (che lo voleva lasciare) poi la sua ex, che lo aveva lasciato tempo fa

Ma non è solo la statistica a farci capire che il fenomeno è recente (per recente intendendo gli ultimi decenni). È il movente a farci capire perché i femminicidi sono molti più adesso che prima. Un tempo, infatti, erano più le donne che uccidevano i propri compagni. E perché lo facevano? In un libro di Cinzia Tani, “L’ultimo boia” (Vallecchi) si racconta la storia di Albert Pierrepoint, il più famoso (ed efficace) “giustiziere” inglese. Il quale decise di cambiare mestiere dopo aver impiccato una donna che aveva ucciso il marito. E perché lo aveva ucciso? Perché lui l’aveva a lungo picchiata, tradita, maltrattata, presa a calci nella pancia perfino quando era incinta. Il movente era dunque la rabbia, il rancore, qualcuno potrebbe anche dire una quasi legittima difesa. Le donne uccidevano per questo. Gli uomini uccidevano magari quando si sentivano traditi, e lo facevano serenamente, perché la legislazione sul delitto d’onore permetteva loro di cavarsela con poco o nulla. Ma era raro che un uomo uccidesse una donna: e sapete perché? Perché non ne aveva bisogno. La donna era comunque succube, sua proprietà, priva di diritti. L’uomo poteva fare di lei ciò che voleva.

Tutto è cambiato da quando la donna ha acquisito diritti e libertà. Da quando, se vuole interrompere una relazione, può farlo. Anche se è sposata, perché c’è il divorzio, e perché oggi le donne lavorano, e possono essere economicamente indipendenti. È questo che molti maschi non accettano: il fatto di non essere più padroni come sono stati per secoli. Non è neanche un senso di possesso: è un senso di proprietà, che significa molto di più. È chiaro che solo i violenti arrivano a uccidere; è chiaro che i maschi non sono tutti così. Ma sono tanti, quelli che uccidono.