Pierfrancesco
De Robertis
Quando scoppiò la pandemia fummo i primi a restarne colpiti, e pregammo con spreco d’incenso l’Unione europea di non lasciarci soli. Così fu. Non perché l’Europa si mosse a compassione, categoria più privata che pubblica, quanto perché fu subito chiara la portata mondiale del disastro. Non c’era alternativa, per nessuno. Adesso la situazione è diversa, e i paesi dell’Unione arrivano di fronte alla crisi dell’energia con esigenze e risorse diverse, e come si è visto stanno attuando politiche diverse, mettendo a rischio la stessa tenuta delle istituzioni europee. Che senso ha infatti adottare un unico caricabatteria dal 2024 se poi sul gas, che è la carne viva dei cittadini, ognuno fa come gli pare?
I ripetuti egoismi olandesi e la decisione della Germania di mettere sul piatto 200 miliardi per il caro-bolletta delle sue imprese hanno scosso l’albero delle ipocrisie falso- europeiste, rimescolando le liste dei buoni e dei cattivi (chi è più sovranista, Orban o Scholz?), ma è chiaro che d’ora in avanti la Ue non sarà più la stessa. O si va avanti o si torna indietro.
Fanno bene l’Italia e la Francia ad arrabbiarsi, però la fuga tedesca mette un po’ in mora la narrazione della destra sovranista: la Germania in fondo non ha fatto altro che difendere il proprio "interesse nazionale" come Giorgia Meloni dice di voler fare, perché "è finita la pacchia".
E allora perché contestarla? Semplicemente per due motivi. Il primo è che una mossa come quella di Berlino non ce la possiamo permettere, non abbiamo i soldi. Il secondo è perché la Meloni si sta rendendo conto che la domanda vera da porsi non è se sia il caso di fare i "nostri interessi", tutti i paesi lo fanno e tutti i premier andati a Bruxelles l’hanno fatto. Ma quale sia il "vero" interesse nazionale. Se fare da noi, magari arraffare nel breve qualche milione in più, o guardare un po’ più lontano e stare insieme, o guidare, gli altri.
Contestando gli egoismi olandesi e tedeschi, la risposta se la sta dando lei stessa.