Perché difendo San Patrignano e la sua storia

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Maurizio

Gasparri *

Eravamo andati a San Patrignano a incontrare Vincenzo Muccioli negli anni Ottanta. Ho conosciuto tanti ragazzi che sono tornati alla vita. Migliaia di giovani disperati grazie a Vincenzo sono rinati e sono diventati padri e madri. E ho conosciuto padri e madri che hanno ritrovato figli che avevano perso e che non sapevano più salvare. Ventiseimila persone liberate dalla droga. Migliaia di morti evitate e chi sa quanti reati impediti a chi per una dose avrebbe fatto di tutto: rubato, venduto il proprio corpo, forse ucciso. Tutto questo sparisce quasi in una operazione mediatica ingiusta e parziale. Si tace delle condanne per estorsione di chi diventa ‘narratore’ o degli assegni stracciati in tribunale, ma poi incollati e incassati da parte di altri. Ho fatto sempre quel che potevo per aiutare chi aiutava, a San Patrignano come altrove: chi cercava una via per uscire dalla droga. Mani tese, non violenza. Amore, lavoro e comunità, non siringhe. Nell’autunno del 1994 Vincenzo ci chiamò e - membri del primo governo Berlusconi - io, Raffaele Costa e Alfredo Biondi andammo a inaugurare il centro medico voluto per curare i ragazzi e per assistere chi veniva consumato dall’AIDS. La Regione Emilia Romagna guidata dal PDS ostacolava allora quell’opera meritoria e negava timbri e permessi. Andammo per dire che le istituzioni stavano dalla parte di San Patrignano. E il centro medico nacque e crebbe. Fummo con Vincenzo allora e fino all’ultimo suo giorno. Ma anche dopo. Perché la sua opera è andata avanti dopo di lui. E continuerà. Nonostante tradimenti e denigrazioni di pochi. Continuerà nell’amore di chi sulla Collina ha ritrovato se stesso e la vita. E sono i più.

Accogliere gli ultimi, i più ‘difficili’, i rifiutati da tutti è stato un atto di amore e di coraggio. Un rischio, perché poteva succedere di tutto e ben peggio di episodi che non offuscano migliaia e migliaia di rinascite.

* Senatore di Forza Italia