Per Berlusconi è arrivato il D-day. Vertice a tre, il centrodestra decide

Dopo i vani tentativi di trovare voti per il Colle, il Cav pronto al passo indietro. Incerta la strategia

Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, 85 anni

Il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi, 85 anni

Roma, 22 gennaio 2022 - Il Cavaliere gioca a rimpiattino. Nel giro di telefonate con gli alleati Salvini e Meloni evita di dire una parola chiara: scioglierà la riserva solo oggi, nel vertice che avrebbe voluto evitare, di fatto imposto dalla leader di Fd’I, potrebbe partecipare collegato da remoto. Come? "Chi può dirlo", sospirava ieri sera uno dei colonnelli azzurri. Perché il ritiro, che tutti danno per scontato, "per Silvio Berlusconi è ai confini dell’impensabile". I numeri però sono quelli che sono, e hanno la testa ancora più dura di lui. E dunque sono ore travagliate quelle che lo separano dal momento della verità: in ballo non solo la scelta tra quello che, con eloquente pudore, ad Arcore viene definito il "passo di lato" o la richiesta agli alleati di giocarsi il tutto per tutto in una sfida impossibile. Anche la definizione di una strategia alternativa, per non finire,in caso di ritiro, ai margini del campo, ma per gestire lui, malgrado Forza Italia sia oramai ridotta a percentuali sotto il 10, la partita del Colle. Se non il king, il re, vuole essere il kingmaker.

Ieri ha fatto il punto con i fedelissimi ad Arcore: dal vice Tajani, ai capigruppo Bernini e Barelli passando per la Ronzulli. Si è sentito ripetere il consiglio di virare su Draghi. A insistere sono Gianni Letta, Fedele Confalonieri, il telefonista Vittorio Sgarbi: di solito, le voci più ascoltate. Stavolta no, il Cavaliere recalcitra: quando Gianni e Enrico Letta, entrambi partigiani dell’opzione Draghi, fanno il punto al telefono il gran Ciambellano azzurro non può rassicurare: "Silvio non è convinto". Difficile fargli cambiare idea. Pesa il ricordo di quella lettera memorandum della Bce che nel 2011 lo cacciò di fatto da Palazzo Chigi. Pesa anche quella dell’autocandidatura di Draghi nella conferenza di fine anno, vissuta da Berlusconi come uno sgarbo personale. Al netto del premier, come muoversi però Silvio ancora non lo ha deciso.

Inutile perdersi nella girandola dei nomi: il bivio riguarda la strategia politica, non le generalità di questo o quel papabile. Insistere per mettere in campo un candidato potenzialmente accettabile dall’intero centrosinistra con l’obiettivo di scompigliarne le fila con un metodo, quello della "prelazione del centrodestra", che per Letta sarebbe indigeribile. Oppure chiedere lui per primo di imboccare la strada che ha in mente Salvini: forzare la mano su una figura dl centrodestra. Chi lo conosce sa che anche questa seconda scelta è per lui tormentosa quanto l’eventuale "passo di lato".

In questi giorni ha fatto capire che dopo di lui c’è solo il diluvio, e comunque non c’è un altro candidato: per chi è stato fondatore e per oltre due decenni leader assoluto della moderna destra italiana la sola ipotesi di doversi ritirare per lasciare la presidenza a un suo ex ufficiale, che si tratti di Casellati, Pera, Frattini o Moratti, è insopportabile. Per questo, più che per ragioni politiche cosa farà oggi resta incerto. Del resto, la sua storia ci ha insegnato che, quando è necessario Silvio Berlusconi è capace di inversioni di marcia anche molto brusche.