Giovedì 18 Aprile 2024

Pensioni e superbonus, primi scogli per Draghi

Il governo presenta il Recovery ma i partiti litigano. Pressing 5 Stelle sulla proroga delle agevolazioni, ira della Lega per lo stop a Quota 100

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di Antonella Coppari

L’ora X slitta ma di poco, segno comunque che sin dallo start qualche problema c’è. Di problemi intorno alle oltre 300 pagine del Pnrr (piano nazionale di ripresa e resilienza) che il consiglio dei ministri dovrebbe esaminare stamani ce ne sono in realtà parecchi equamente suddivisi in modo da riservare qualche boccone amaro a tutti, e chissà che non sia voluto. Perché è una sfida che Mario Draghi vuole vincere a tutti i costi. Tanto da accentrare la regia a Palazzo Chigi, creando anche per questo tensioni nella maggioranza.

In casa 5 Stelle piove sul bagnato: come se non bastassero le intemperanze di Grillo arriva anche una ferale notizia sulla riforma di bandiera, il superbonus: l’agevolazione al 110% per le ristrutturazioni edilizie durerà fino al giugno 2023 solo per le case Iacp, come prevede la normativa attuale. Ufficialmente resta un margine di mediazione: di un prolungamento per tutti sino al termine del 2023 se ne potrebbe parlare a settembre – dicono al ministero dell’Economia – con la legge di bilancio. Conti alla mano è molto difficile che la finanziaria dell’anno prossimo trovi i 10 miliardi necessari. "La proroga è imprescindibile per la transizione ecologica", tuonano i pentastellati. Poi c’è quota 100, e qui a masticare amaro è la Lega: scade a dicembre e non sarà rinnovata. Ecco perché a via Bellerio dichiarano: "Occorre andare oltre, puntare a quota 41 e a strumenti che diano ancor più flessibilità in uscita", sottolinea Durigon, sottosegretario al Mef del Carroccio.

Non festeggiano nemmeno Pd e Leu: il cashback non verrà confermato. I democratici, inoltre, vogliono chiarimenti sulla Rete unica e il cloud pubblico, mentre Letta chiede di introdurre nel piano una condizionalità su donne e giovani, che vincoli i fondi a determinati target. E Forza Italia insiste sul Mezzogiorno: siano reali il 40% di risorse. Questi i nodi principali, non è detto che si rivelino gli unici: perché anche sugli stanziamenti qualche dubbio c’è e qualche altro può venire fuori. L’assegnazione per l’Alta velocità, per esempio, lascia insoddisfatti i parlamentari meridionali della maggioranza dato che la cifra stanziata per il Sud è la metà di quella destinata al Nord. I fari restano accesi anche sulla quantità di soldi per la Sanità.

Poi c’è la governance, il problema principale già con il governo Conte. Fuor di metafora, è tutto ancor più in mano a Palazzo Chigi: al premier farà capo il comitato cui spetta la supervisione politica del piano. E certo non è una sorpresa: quello di Draghi è un governo commissariale, ovvio che accentri ancora di più. Della struttura faranno parte i ministri competenti, ma i partiti e le forze sociali spingono per essere coinvolti. Il nervosismo resta anche perché il metodo seguito ha seminato insoddisfazione sia nei gruppi parlamentari sia nello stesso governo: fatti salvi i ministri scelti direttamente dal premier, gli altri sono stati tenuti all’oscuro fino all’ultimo del Pnrr. Danno al quale secondo alcuni si è aggiunta anche una beffa: la pubblicazione sul Foglio dell’introduzione di Draghi al piano. Insomma, se i fronti della pandemia si sono rivelati meno semplici del previsto non è escluso che quello per Draghi principale, il Recovery, non sia destinato alla stessa sorte.