Giovedì 18 Aprile 2024

Pd, grande paura e soliti sospetti Parte l’assalto ai voti M5s: decisivi

Dopo i sondaggi l’obiettivo è pareggiare 3-3. Zingarettiani infuriati con Di Maio e Renzi. Sullo sfondo Bonaccini.

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di Ettore Maria Colombo

ROMA

Veneto, Liguria e ormai anche Marche già perse. Campania vinta, ma Puglia sul filo e Toscana a rischio. Uno scenario inedito, per il Pd, che impone al Nazareno un cambio di strategia. Non certo (e non più) quella di ‘vincere’, ma almeno pareggiare. Il tre a tre sarebbe un sogno. Tenere a sé Campania, Toscana e Puglia è diventato quindi l’obiettivo dei dem, sperando a questo punto nel voto disgiunto dell’elettorato M5s e magari in qualche sardina. "Siamo noi, il Pd, l’unica alternativa alle destre sovraniste" ripete come un mantra il segretario Zingaretti che ha in programma un tour fittissimo nelle regioni al voto, soprattutto quelle in bilico.

Nelle Marche non ci sono speranze, ma tanti voti di grillini filo-dem potrebbero invertire la tendenza e perlomeno attutire il colpo. In Puglia tutti parlano con tutti: Michele Bordo, deputato pugliese vicino a Emiliano come a Zingaretti, insegue e corteggia i deputati M5s del territorio. I grillini in Puglia sono dati alti nei sondaggi, oltre il 15 per cento. Un bel bacino da cui attingere. In Toscana la sfida è più secca (‘o vince il Pd o vince Salvini e la tua regione diventa sovranista’) e oltre che sui grillini si punta a una sorta di "ricatto morale" modello Emilia per mobilitare l’elettorato (ex) ‘rosso’.

Ma il rischio ecatombe non è da scartare. "Se perdiamo 5 a 1 le Regionali, Toscana compresa - dice un dirigente dem vicino all’attuale segretario - la colpa sarà di Di Maio e di Renzi. Il primo non ha mai voluto davvero obbligare i suoi all’alleanza con noi nelle regioni in bilico e ora pensa solo a godersi il trionfo dei Sì. Il secondo, tranne in Toscana, ha presentato in troppe regioni candidature di disturbo anti-Pd". Il clima, al Nazareno, è questo: ‘veleni&sospetti’ contro alleati ritenuti infidi e pure contro i dem impegnati a testa bassa per far prevalere il No al referendum. Le loro dichiarazioni giornaliere vengono vissute come pugnalate alla schiena. La rabbia, malcelata, cresce. Nel mirino Di Maio, la coppia Renzi&Calenda, ormai accomunata nella disistima, e sullo sfondo Bonaccini. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la sua partecipazione alla scuola di politica di Iv, ospite di Renzi.

Tutti sanno, nel partito, che se Zingaretti si dimettesse o se, comunque, andasse al governo per irrobustirlo, "la reggenza affidata ad Orlando basta solo per traghettarci a congresso e lì, con l’aiuto di Base riformista, Bonaccini scende in campo". Franceschini ha messo le mani avanti: "Il governo reggerà perché dopo non ce ne sono altri, ci sono solo le elezioni", ma gli zingarettiani ribadiscono: "Se perdiamo le Regionali 5 a 1, Toscana in testa, Nicola si può anche dimettere, ma poi non si salva nessuno. Né il partito né il governo. Viene giù tutto" si vocifera. Merola e Ricci lo hanno detto pure in chiaro: "Troppe furbizie da parte di M5Stelle e Italia Viva". Ma il dito è puntato anche sui ‘panciafichisti’ dem del No e su quelli che hanno lanciato la richiesta di un congresso nel momento più inopportuno (Gori, Nardella, Base riformista). Il ‘morirà Sansone con tutti i Filistei’ degli zingarettiani è netto. Ma esiste un’alternativa? Sì, provare a pareggiare.