Patrick Zaki, incubo senza fine: dopo 19 mesi di carcere adesso inizia il processo

Lo studente egiziano dell'universtà di Bologna rischia una condanna fino a 5 anni: l'accusa è di diffusione di false notizie

Patrick Zaki: il mega poster in piazza Maggiore a Bologna (Dire)

Patrick Zaki: il mega poster in piazza Maggiore a Bologna (Dire)

Roma, 13 settembre 2021 - Incubo senza fine per Patrick Zaki: dopo 1 anno e 7 mesi di detenzione preventiva in Egitto, adesso dovrà affrontare il processo. E domani è prevista la prima udienza. Lo ha confermato oggi il portavoce di Amnesty International in Italia, Riccardo Noury: allo studente egiziano dell'università di Bologna, in carcere al Cairo da febbraio 2020 e che lo scorso giugno ha compiuto 30 anni, è contestato uno scritto del 2019 in difesa della minoranza copta. Zaki rischia una condanna fino a 5 anni di carcere. Le udienze si svolgeranno a Mansoura, nel nord del Paese.

Sarebbe decaduta l'accusa di terrorismo, ma permane quella di false notizie diffuse sia in Egitto che all'estero: questo il reato che domani i giudici del tribunale di Mansoura, città natale di Zaki, contesteranno all'imputato. Una fonte interna alla campagna internazionale "Patrick libero" ha spiegato alle agenzie di stampa che "l'accusa non è riuscita a dimostrare la diffusione delle false notizie attraverso i social network dal momento che quei post su Facebook non esistono", un punto più volte ribadito in questi mesi dai legali dello studente. "Così - ha proseguito ancora l'attivista - hanno costruito tutto l'impianto accusatorio su un articolo pubblicato nel 2019 su un sito web, in cui Zaki denunciava le persecuzioni a danno della minoranza copta cristiana. E questo è molto peggio".

L'evoluzione nella vicenda giudiziaria di Zaki  per il portavoce di Amnesty International Riccardo Noury "dimostra che in Egitto la situazione dei diritti umani è estremamente grave". Intervistato da Rai News24, Noury ha osservato che a preoccupare è anche il fatto che di tale situazione "non si sta rendendo conto nessuno, ad eccezione naturalmente di alcune componenti della società civile egiziana e dell'Italia". Il riferimento di Noury è alla campagna nata in Italia da Bologna, e sostenuta da Amnesty, per la liberazione dello studente.