Pasticcio Rousseau, Cinque Stelle in tilt Grillo rinvia il voto: ascoltiamo il premier

Slitta il voto online su esecutivo e presidente incaricato. Il fondatore M5s: "Gli ho chiesto di escludere la Lega". Salvini: "Incredibile"

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di Elena G. Polidori

"Io aspetterei un attimo, per fare delle domande cui voi dovete dare delle risposte. Sarete voi a decidere cosa dovremo fare: andare, non andare, mandare affar… questo o quell’altro. Vediamo un attimo. Vi chiedo un attimo di pazienza". Grillo fischia il ‘time out’. Il voto dei militanti è rinviato. Ma ci sarà. Un rinvio breve, ma necessario. "Aspettiamo che lui (Draghi, ndr) abbia le idee chiare, perché lui dirà cosa vuol fare". Perché, fa sapere l’Elevato, "Draghi mi ha dato ragione su tutto, credevo di avere davanti il banchiere di Dio e invece è un grillino…comunque la prima cosa che gli ho detto è che la Lega non deve entrare… non capisce nulla d’ambiente…".

A un minuto dal fischio finale dell’arbitro, Beppe Grillo ha mandato la squadra negli spogliatoi. Il governo Draghi resta ancora appeso alla piattaforma Rousseau, ma intanto Salvini l’ha preso male il suo sarcasmo. E non cogliendo la provocazione sottesa, ha risposto piccato: "È incredibile, Grillo vuole imporre un governo senza la Lega! Noi non mettiamo veti contro nessuno".

Di fatto, non era un veto. Ma solo una battuta che ha aumentato il marasma nel marasma. Come se non bastasse già quello interno al partito di maggioranza relativa in Parlamento, il M5s, che ancora una volta si dimostra dipendente dalla macchina della ‘democrazia diretta’ inventata dalla Casaleggio Associati e al suo ‘referendum’. Stavolta tutto ruota intorno al quesito che sarà posto ai militanti, ma proprio su questa domanda è detonato un incendio interno. Da un lato Grillo, con la maggior parte dei big di governo (anche ieri a Roma a capo della delegazione che ha incontrato il presidente del consiglio incaricato), e dall’altra Alessandro Di Battista, Davide Casaleggio e un nutrito gruppo soprattutto di senatori, capitanati dall’ex ministra Barbara Lezzi, decisi a rompere le uova nel paniere a chi, con questa ennesima giravolta, vuole “vendere” l’integrità del Movimento, casomai per conservare la propria poltrona.

"Se andiamo al governo perdiamo credibilità - ha urlato ai suoi la ‘contras’ Lezzi - al governo con Berlusconi che ha pagato Cosa Nostra, sarebbe un segnale devastante!!!" E così ieri, alla fine del colloquio con Draghi e proprio mentre, sul web, ‘Dibba’ spiegava le ragioni del suo convinto ‘no’ cercando di ‘oscurare’ i governisti al tavolo della Sala dei Busti di Montecitorio, da parte della stessa Lezzi è arrivata una nuova richiesta al rialzo per il voto su Rousseau: nel quesito "dovrà essere proposta anche la possibilità dell’astensione"; una exit strategy che può nascondere una trappola.

Ma il ‘cuore’ del problema, al di là di delle sfumature del quesito e dei suoi tempi, resta l’anomalia di un partito che si fa pilotare, nelle scelte politiche prioritarie, da una piattaforma web, gestita da un’azienda privata, la Casaleggio Associati, e senza un controllo di terzi sui risultati dei voti. Stavolta, però, il peso di una scelta politica così importante lasciato in mano alla ‘base’ degli iscritti (o ad una piattaforma finita più volte, per il suo malfunzionamento, nel mirino del Garante della privacy) è un azzardo che neppure Grillo pare sentirsi in grado di sostenere. Se si è arrivati a questo punto, tuttavia, è perché il M5s è di fatto imploso con l’ala governista, contrapposta ai ‘contras’, che nell’esecutivo Draghi ci vuole entrare eccome. Grillo resterà anche oggi a Roma, per tentare di tenere unito un gruppo ormai in ordine sparso. Perchè solo lui, alla fine, ha ancora “l’autorità” per dire l’ultima parola.