
Tutti d’accordo sulla difesa dei confini ma i ricollocamenti riaprono le tensioni fra Roma e Parigi. "La Francia non prenderà nessun migrante da Lampedusa", avverte il ministro dell’Interno Gérald Darmanin, solo qualche ora prima di incontrare il collega italiano, Matteo Piantedosi e trovare un punto d’incontro sulla "necessità di bloccare le partenze e combattere il traffico di esseri umani".
La premier, che ai ricollocamenti non ha mai creduto, fa finta di niente, Salvini invece coglie l’occasione di alzare la posta: "Giorgia fa benissimo a girare l’Europa e il mondo chiedendo tutela per l’Italia. Ma i singoli Paesi devono essere in grado di proteggere i loro confini, con ogni mezzo necessario per evitare nuove partenze: espulsioni, affondamenti di barchini e barconi vuoti e così via", dice su Raiuno a Cinque minuti. Virtualmente al suo fianco – è video-collegata con la trasmissione di Vespa – Marine Le Pen (Rassemblement National) boccia la formula della presidente della commissione Ue abbracciata da Meloni: "Sono totalmente in disaccordo con Ursula von der Leyen quando dice che deve essere l’Europa a decidere chi entra in Europa. La signora conferma che la Commissione intende decidere chi entra nei nostri paesi, chi ci resta e a quali condizioni". Il leader leghista si tiene in equilibrio: chiaramente, non vuole smentire la bellicosissima alleata francese con cui cinguetta in tv, ma neppure entrare in rotta di collisione con la premier: l’idea della Fortezza Europa, cara a Giorgia, a lui va benissimo.
La divisione all’interno del governo e della maggioranza c’è, ma riguarda Bruxelles non l’immigrazione. Il leader leghista, in campagna elettorale, ha tutto l’interesse a bersagliare l’Europa. "Basta chiacchiere da Francia e Ue gli italiani vogliono fatti concreti", fa dire ai fedelissimi a via Bellerio. E poi randella l’Austria: "La decisione di Vienna di rafforzare i controlli ai confini è uno schiaffo alla solidarietà europea. L’Austria combatta gli scafisti e non gli autotrasportatori".
All’opposto, Giorgia Meloni esalta i risultati raggiunti "modificando il paradigma europeo". Nel discorso all’inizio del consiglio dei ministri martella sul punto, rivendicando d’essere riuscita a spostare Bruxelles sulla linea perseguita dal suo governo: "La Ue sta sulle nostre posizioni perché siamo seri". L’esultanza non è ingiustificata: la ministra dell’interno tedesca, Nancy Faeser, tessera della Spd in tasca, apre alla richiesta di una missione navale comune per aumentare i controlli nel Mediterraneo: "Non possiamo fare altro, in caso contrario non sarà possibile tenere sotto controllo la situazione migratoria". Sul punto, anche la Francia è d’accordo come ha ripetuto Darmanin a Piantedosi. Del piano si parlerà nel dettaglio il 28 settembre nella riunione dei ministri degli Affari interni Ue.
Eppure, la strada per la costruzione della Fortezza Europa è in salita. L’alto rappresentante per la Politica estera Ue, Josep Borrell, ha scritto una lettera al vetriolo contro il Memorandum firmato da von der Leyen e il dittatore tunisino Saied: "Per molti Stati membri è incomprensibile la decisione di firmare quest’intesa". Contemporaneamente, il Consiglio Ue esprime un parere giuridico negativo sul Memorandum, accusando la Presidente di averlo firmato con l’assenso di soli due Paesi. Irritatissima, von der Leyen fa rispondere alla portavoce della commissione: "Tutti gli Stati erano al corrente e tutti avevano dato il loro assenso". Insomma la strategia Meloni-von Der Leyen incontra resistenze fortissime, Di fatto, dei milioni promessi a Saied non è ancora partito neppure un euro. Quanto al varo di una missione europea per fermare le imbarcazioni dei migranti,"è una possibilità, ma a decidere saranno gli Stati", sottolinea Anitta Hipper, portavoce della commissione per gli Affari interni. Non meno complicata l’operazione-rimpatri.