Parigi e Bogotá Il sovranismo non è morto

Cesare

De Carlo

Sovranismo in crisi? Non esattamente, a giudicare dalle elezioni di domenica sulle due sponde dell’Atlantico, in Francia e in Colombia. E non fa differenza che in Europa il sovranismo abbia un’etichetta di destra e in America Latina di sinistra. Analoghe le radici. Quelle ideologiche affondano nel principio della sovranità popolare. Quelle politiche nel neonazionalismo, germinato da una globalizzazione suicida, dalle burocrazie sovranazionali (la Ue e la Oas, Organization of American States, una specie di Onu interamericana), dalla crisi della leadership americana e dalla miopia della mai abbastanza deprecata Angela Merkel quando impose agli altri tramite la Bce un’austerity disastrosa.

Nessuna differenza dunque se non terminologica. Sovranismo dovrebbe essere sinonimo di deriva fascista. Se invece nasce a sinistra, viene chiamato populismo. In realtà si tratta di puro nazionalismo con o senza connotazioni socialiste. Accade nella Spagna di Vox, nell’Italia della Lega e di Fd’I, nella Francia di Le Pen e Mélenchon, nella Germania post merkeliana, nella moderata Scandinavia. Accade anche nell’Ucraina di Zelensky e nella Russia di Putin. Furono simili pulsioni nazionalistiche nel ventesimo secolo a far esplodere i totalitarismi europei, quelli di Mussolini, di Hitler, di Franco, di Lenin e Stalin in un intreccio perverso di nazionalismo, socialismo, marxismo-leninismo.

Ma l’Italia provinciale ha la vista corta. Il suo establishment si era illuso, come nel resto dell’Europa, che la sconfitta di Trump e la vittoria di Macron avessero esorcizzato la cosiddetta deriva sovranista. Sbagliato. Biden è al collasso. Macron senza maggioranza. Sanchez anche. L’intero Sudamerica guarda a Putin e a Xi. E se Salvini oggi è dimezzato, la Meloni è quattro volte più grande. I Cinquestelle sono fantasmi.

Chiudiamo con Mark Twain. Un giorno lesse sui giornali della sua morte. La definì una notizia "grandemente esagerata". Vale anche per il sovranismo. [email protected]