Indice Rt, Clementi: "Parametro fuorviante, assurdo richiudere"

Il virologo: i dati sono vecchi di 15 giorni, ora la contagiosità è più bassa. "I criteri per i colori? Morti, ricoveri e totale immunizzati"

Un reparto Covid

Un reparto Covid

Professor Massimo Clementi, l’indice Rt ha ancora valore come parametro per valutare chiusure o aperture nelle regioni?

"Poco – risponde il direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell’ospedale San Raffaele di Milano e docente dell’università Vita-Salute –. Piano piano si stanno mettendo in evidenza i limiti di tutti i parametri con cui si è studiata questa epidemia: nel corso del tempo lo scenario si modifica e appare chiaro che i virus sono solo in parte gestibili con criteri matematici. L’Rt indica quante persone un soggetto infetto può contagiare: un parametro importante, ma che può variare e con due grossi problemi".

Indice Rt regioni e Italia: tutti i dati / Pdf

Quali?

"Siamo arrivati ad avere buona parte della popolazione che ha gli anticorpi naturali o si è vaccinata (circa il 40% del totale): l’Rt non riflette più ciò che rifletteva l’anno scorso, quando tutta la popolazione era infettabile. In più, l’Rt fotografa la situazione di 15 giorni fa: è un indicatore che ci ha fatto chiudere in ritardo a ottobre e febbraio, così come ci fa riaprire in differita di due settimane adesso".

Nei prossimi giorni potrebbe verificarsi il paradosso di vedere alcune regioni, con un Rt sopra a 1 ma sotto la soglia critica negli altri parametri, tornare arancioni. I governatori chiedono che l’Rt dei contagi venga sostituito da un Rt ospedaliero.

"Giusto, i dati sarebbero raccolti più rapidamente e gli interventi più puntuali. Le chiusure, la bella stagione con i raggi ultravioletti C che riducono l’infettività del virus e il distanziamento hanno allentato la pressione sulle strutture sanitarie. L’evoluzione della pandemia ci impone di considerare gli indici di ospedalizzazione, che risentono per primi degli effetti delle vaccinazioni. Non è un caso che in Israele il numero dei ricoveri e delle vittime sia calato subito dopo la campagna d’immunizzazione di massa. Sarebbe assurdo coi dati attuali vedere molte regioni arancioni".

Quali sono i dati da considerare per decidere sui colori delle regioni?

"Ricoveri ospedalieri, pazienti in terapia intensiva, decessi e dosi di vaccino somministrate".

E il numero dei contagi giornalieri?

"È un indice da monitorare, perché stabilisce quanto circola il virus. Ma va interpretato in modo diverso, specificando la gravità dei casi e la quota di infetti attivi. Un altro aspetto importante è continuare a fare tamponi antigenici, con risultati rapidi, così si controlla l’infezione".

Il bollettino quotidiano ha ancora senso?

"Così no, il valore importante a detta di tutti è quello dei dati settimanali: lì si vedono le differenze e gli andamenti".

Come si evolverà l’epidemia?

"Al di là di chi si aspetta una ripresa dei contagi a fine giugno basandosi sul nulla, io di previsioni non ne faccio. Ascolto quello che ha detto Rezza, l’epidemia sta diventando endemica, e ciò che ha fatto notare il virologo Baldanti: il virus non riesce a sfuggire alla pressione sanitaria e non trova più strade per mutare, poiché le mutazioni scoperte sono rimescolamenti del Sars-Cov-2 originale".

Quale strada da seguire ora?

"Test, cure tempestive e vaccini. Se il virus resterà tra noi, non arrivando all’immunità di gregge, faremo per 2 o 3 anni iniezioni per sfuggire alla ripresa dell’epidemia invernale. Il vero rischio viene dall’estero".

Anche nel dicembre 2019 è arrivato da lontano.

"Sì, ma ora sappiamo tante cose. Dobbiamo fare attenzione a quei Paesi come l’India, con le infezioni fuori controllo e il 2% dei vaccinati. Anche il Sud America mi preoccupa. Con la ripresa dei voli, degli scambi la situazione può tornare esplosiva".

Leggi anche: Regole per i matrimoni. Ipotesi cerimonie dal 15 giugno