Lunedì 22 Aprile 2024

"Papà mi insultava, l’ho ucciso per zittirlo"

La confessione choc di Benno: "Mi dava del fallito e mi ha seguito anche in camera, ero senza via d’uscita. Poi è toccato a mia madre"

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di Riccardo Jannello

Venti minuti per risolvere un problema che da chissà quanto tempo assillava la mente di Benno. Quei genitori asfissianti sempre a ricordargli "che sei un fallito" e quanto fosse brava la sorella minore Madè, già realizzata con il suo lavoro in una clinica ortopedica di Monaco di Baviera. Venti minuti che il 4 gennaio hanno interrotto la vita di Peter Neumair, 63 anni, e della moglie Laura Perselli, 68, agiati insegnanti in pensione, che quei figli avevano avuto dal loro secondo matrimonio. Benno è in carcere per il duplice omicidio e l’occultamento dei cadaveri. La svolta per la confessione è stato il ritrovamento del corpo della madre nell’Adige, il 6 febbraio. Quello del padre si cerca ancora a valle del ponte di Vadena. Nei verbali dei due interrogatori in cui Benno ha ammesso ai pm il duplice delitto, il 30enne, insegnante di fitness e matematica, racconta con drammatica lucidità ciò che è accaduto il 4 gennaio nella villetta di via Castel Roncolo. L’ennesima lite con il padre scoppiata per una questione di soldi e poi deflagrata. "Ho cercato di reagire alle sue parole – ha raccontato Benno -, ma era impossibile, lui mi diceva che non portavo fuori neppure il cane della nonna. Mi attaccava e allora sono andato a dormire in camera mia. Ma lui niente, non ha smesso, è entrato e mi ha svegliato. Mi sono sentito senza via d’uscita, messo alle strette. Nella stanza c‘era un recipiente dove fra l’altro tenevo una corda da arrampicata. L’ho presa e nel corridoio l’ho stretta al collo di mio padre fino a strozzarlo". "Poco dopo - dice - è entrata in casa mia madre che tornava da trovare nonna in ospedale (l’anziana è morta qualche giorno dopo, ndr). Le sono andato incontro ancora con la corda in mano. E ho ucciso anche lei senza dire nulla". Quello che è poi accaduto l’inchiesta l’aveva già appurato: il giovane ha caricato i corpi nella Volvo di famiglia, li ha gettati nel fiume ed è andato a dormire dalla sua Martina a Ora, facendosi lavare i vestiti. Con il senno di poi qualche avvertimento c’era stato. La madre aveva confidato a un’amica in una telefonata che avevano paura del figlio tanto da nascondere i coltelli della cucina e chiudersi a chiave la notte in camera da letto. E a novembre in uno studio dentistico Benno aveva rubato una boccetta di anestetico dopo essersi informato di come agisse. La fine tragica era già scritta.