Martedì 23 Aprile 2024

Il Papa tra ortodossi e protestanti: "Uniti nella carità"

Bergoglio vola a Ginevra al Consiglio ecumenico delle Chiese per i settant' anni dell'organizzazione internazionale. Davanti ai 40mila fedeli giunti per la messa ammonisce: "Inquietante i cristiani che ignorano i poveri"

Il Papa a pranzo con i leader cristiani, anche donne (Ansa)

Il Papa a pranzo con i leader cristiani, anche donne (Ansa)

Ginevra, 21 giugno 2018 - Da Roma a Ginevra, dalla culla del papato alla patria di Calvino. “Questo è un volo per l’unità dei cristiani”, mette subito in chiaro il Papa sull’aereo che lo trasporta in Svizzera per i 70 anni del Consiglio ecumenico delle Chiese. Un viaggio mordi e fuggi, dall'alba al tramonto, il ventitreisimo a livello internazionale per Francesco, terzo Pontefice a varcare la soglia del WCC (World Council of Churches) che riunisce 348 comunità ortodosse e protestanti. Prima di lui Paolo VI (1969) e Giovanni Paolo II (1982) in un susseguirsi di decenni durante i quali la fiamma del dialogo tra i cristiani, così ardente nell’immediato post Vaticano II (1962-1965) da far pensare a un'agile ricomposizione della comunione, si è andata lentamente affievolendo. Nonostante alcuni risultati importanti a livello teologico (su tutti la 'Dichiarazione congiunta cattolica-luterana sulla dottrina della giustificazione'), col tempo sono prevalsi particolarismi che hanno finito per irrigidire le parti. E allontanare la prospettiva di un unico banchetto eucaristico.

Un'involuzione che non sfugge al Pontefice volato a Ginevra per rilanciare il cammino verso l'unità. Cattolici, ortodossi e protestanti - è la sua esortazione nel corso della preghiera ecumenica - sono chiamati a rifuggire “ogni ripiegamento autoreferenziale”. Ammette che il risultato è "un lavorare in perdita, perché non si tutelano a dovere gli interessi delle proprie comunità, spesso saldamente legati ad appartenenze etniche o a orientamenti consolidati, siano essi maggiormente ‘conservatori’ o ‘progressisti’. Ma si tratta comunque di "una perdita evangelica" da mettere in conto, se si vogliono archiviare i vecchi scismi. "Non dobbiamo avere paura di lavorare in perdita", rassicura a braccio Francesco. 

La meta precisa dei cristiani si chiama unità. “La strada contraria, quella della divisione, porta a guerre e distruzioni – ricorda –. Il Signore ci chiede di imboccare continuamente la via della comunione che conduce alla pace. La divisione si oppone apertamente alla volontà di Cristo, ma è anche di scandalo al mondo”. Convinto che, in un’ottica di ritorno all’unità, più che i dibattiti teologici possa l’impegno congiunto fra i cristiani, il Papa esorta i fedeli di ogni confessione a non farsi scudo con le differenze, dottrinali o pastorali ("Le distanze non siano scuse"). "È possibile già ora camminare secondo lo Spirito -  è l'invito del vescovo di Roma -: pregare, evangelizzare, servire insieme, questo è possibile e gradito a Dio".

La messe è tanta, ma gli operai scarseggiano. Specie se si sottraggono all'accoglienza e alla misericordia verso i meno fortunati. I toni più forti il Papa li riserva davanti ai 40mila giunti al Pala Expo di Ginevra. Non cita il dramma dei migranti, ma il riferimento è più che implicito laddove riconosce che "c'è da inquietarsi, quando alcuni cristiani si mostrano indifferenti nei confronti di chi è disagiato”. Il cammino per l'unità passa dal servizio verso gli altri, l’attenzione al fratello. "Oggi c’è chi manca perfino del pane”, si scandalizza. Rimboccarsi le maniche suona come un imperativo in terra di Svizzera. La credibilità del Vangelo "è messa alla prova dal modo in cui i cristiani rispondono al grido di quanti, in ogni angolo della terra, sono ingiustamente vittime del tragico aumento di esclusione".