Mercoledì 24 Aprile 2024

Papa Francesco, un rosario in regalo alla bimba terremotata

Viva dopo 6 ore sotto le macerie. La mamma a Bergoglio: "Quella notte l'ha salvata Gesù"

Francesco accarezza un bimbo a San Pellegrino di Norcia (Ansa/Osservatore Romano)

Francesco accarezza un bimbo a San Pellegrino di Norcia (Ansa/Osservatore Romano)

Arquata del Tronto (Ascoli Piceno), 5 ottobre 2016 - ​L’AUTO del Papa sta attraversando la frazione di Pescara del Tronto. Nonna Palma si lancia verso la macchina, che è costretta a inchiodare. C’è una storia dietro questo slancio: racchiude il dolore e la speranza della gente di Pescara, che vuole raccontare il proprio dolore al Papa. La Golf blu si ferma e il finestrino si abbassa. Dietro esplode uno smagliante sorriso: è quello di Bergoglio, vestito di bianco, che si ferma e allunga le mani verso la gente che lo bacia e piange. Una mamma si avvicina al finestrino e mostra la sua bimba. È l’emblema della rinascita, il segnale che la vita supera anche la morte. Si chiama Sofia Schiavoni, ha 4 anni e mezzo e quella maledetta notte era a casa dei nonni, quando il sisma ha rotto silenzio e ha sbriciolato il paese.

«SANTITÀ – grida la mamma – lei è Sofia, era a Pescara quella notte, abbiamo pregato Gesù affinché ci salvassimo e ci ha esaudito, siamo tutti salvi. È stato un miracolo». Il Papa sorride e annuisce, poi l’accarezza, estrae una custodia color cuoio e gliela tende: è un piccolo rosario bianco. Poi l’auto riparte a tutta velocità, verso Borgo di Arquata.

Sofia, la notte del 24 agosto era a casa dei nonni a Pescara. È rimasta intrappolata tra le macerie per sei ore, finché i vigili del fuoco non sono arrivati a salvarla. «Eravamo dai nonni – racconta la mamma Loredana Rendina – il sisma ha squarciato la nostra casa, abbiamo atteso spaventatissimi l’arrivo dei vigili. Era buio, alla seconda scossa ho visto il pavimento che si apriva sotto i miei piedi. Ma non ho perso la speranza. Abbiamo pregato. Ed è arrivato mio fratello Antonio, con i pompieri che hanno preso Sofia. Abbiamo camminato sulle macerie della chiesa di Santa Croce, tra lo sgomento e l’orrore, perché quando ha cominciato ad albeggiare ci siamo resi conto che il paese non c’era più». Loro ce l’hanno fatta. Ma in tanti non ci sono più.

​PERCHÉ a Pescara è rimasto solo un abitante. E papa Francesco lo ha voluto salutare. Enzo Rendina, 56 anni, è l’unico residente rimasto a vivere nella frazione. Da quel 24 agosto non ha mai abbandonato il suo paese, dormendo in una tenda. Il Santo Padre, appena passato davanti a lui, ha abbassato il finestrino e salutato l’uomo. «È stata un’emozione fortissima potergli stringere la mano e avere la possibilità di scambiare anche solo una parola con lui – ha spiegato Rendina –. Stavo pranzando, grazie ai volontari che come ogni giorno mi avevano portato un piatto caldo. Poi, a un tratto, è passato il Papa. Mi sono fermato e avvicinato a lui. Bergoglio ha aperto il finestrino e mi ha dato la sua benedizione. Mi è apparso molto stanco e provato dal tour de force che ha dovuto affrontare, partendo al mattino presto dal Vaticano per fare prima tappa ad Amatrice, poi ad Accumoli e infine nel nostro territorio. Nonostante la stanchezza, però, ha avuto modo di farmi gli auguri e invitarmi a guardare con fiducia al futuro. Io, da parte mia – ha concluso –, gli ho chiesto di sollecitare le istituzioni, affinché si prendano l’impegno di ricostruire le zone distrutte dal terremoto. Ricevere il saluto da papa Francesco è stato troppo emozionante. È stata una delle giornate più belle della mia vita».