CAMPI BISENZIO (Firenze)
E venne il sole. Contenti? Insomma. Perché la Toscana, ora come ora, sembra avere una certa, sinistra somiglianza con quell’Egitto là, quello delle piaghe. Lo sostiene – con quella laica sfrontatezza tipica della zona – il volontario che a Capalle, frazione di Campi Bisenzio al confine con Prato, abbatte la vanga su una striscia di fango che, dato l’effetto uguale a zero, pare basalto. E suda sotto il sole. E impreca. "Qui ci mancano solo le cavallette".
Giustappunto. Prima l’acqua che ammolla e affoga, poi il fango che avvolge e stritola, infine il sole che trasforma quello stesso fango inizialmente molliccio in una lastra di pietra che ci potresti pattinare sopra. Ma non è proprio questo, no, il motivo per cui quell’area vasta tra Firenze e Prato viene chiamata appunto Piana. Una Piana sempre più urbanizzata, che vuol dire cemento ovunque, e che adesso pare il Mar dei Sargassi di salgariana memoria: c’è fango, fango ovunque. E i resti della devastazione sono immobili, al sole, come statue che onorano, si fa per dire, la debolezza dell’uomo. Esempio: poco prima di imboccare la rampa autostradale per uscire a Prato, lo sguardo incrocia un lago che confina con la carreggiata e che quattro giorni fa mica c’era. E al centro del neonato laghetto brilla la carcassa di un’auto finita lì da chissà dove, incongrua e fuori luogo come un cammello al Polo Nord. E se pensate che sia un’iperbole, passiamo ai numeri, ché quelli non mentono mai: in tutta l’area gestita dalla società dei rifiuti Alia – che copre tutti i comuni alluvionati – si calcolano circa 100mila tonnellate di rifiuti da rimuovere. Ma rimuovere dove? Ovvio, nelle discariche, perché Matrigna Natura, quando alluviona, non si occupa mica di fare la differenziata.
Ma c’è di peggio. Solo a Campi, su un’area di circa 800 ettari, pare ci siano due milioni di metri cubi d’acqua mista a fango. Detta così non si capisce tanto, detta in altro modo si spiega meglio il disastro che è: un solo metro cubo di acqua corrisponde a mille litri che pesano mille chilogrammi, una tonnellata. Ma se è solo acqua, appunto. Perché se è acqua mista a terra, ossia fango, ergo terra bagnata e bagnata assai, il peso di un metro cubo di questa roba passa a 1600 chili: una tonnellata virgola 6. Perciò, solo a Campi, e parliamo a spanne, c’è come minimo una quantità di fango tradotta con questa operazione matematica: due milioni per 1,6 tonnellate. Che fa 3,2 milioni di tonnellate di fango. Tremiliardieduecentomilioni di chili: così, tutto attaccato, che rende meglio l’idea. E siamo solo a Campi. Perché poi c’è il disastro nel Pratese e in altri comuni che si sentono dimenticati: come San Piero a Ponti, sempre nella Piana, da dove arrivano mail disperate perché nessuno si occupa di loro; o a Migliana e Seano, nord e sud di Prato, che vittime non ne hanno avute ma devastazione eccome. Sono sott’acqua e temono di restarci. Nell’indifferenza.
Poi ci sarebbe anche una questione sanitaria. Non ne parla nessuno ma, soprattutto in certe aree dove da giorni mancano acqua e luce (oltre 1100 le utenze ancora inattive), avrebbe bisogno di essere affrontata prima che scoppi un altro bubbone. S’è detto prima: il fango si compatta velocemente e ostruisce le fognature.
Ma dove si mette tutto questo fango? La Regione si affida ad Alia, cui chiede di coinvolgere le ditte private di autospurgo. Un sistema che pare scontrarsi con l’esigenza primaria: la rapidità. E poi dove dovrebbe finire? Nei fiumi di nuovo? Lo ha annunciato ieri il governatore toscano Giani, assegnando a Publiacqua l’incarico di coordinare lo svuotamento da acque e fango dei locali interrati: "Anche i sedimenti, qualora non siano stati a contatto con inquinanti, possono essere reimmessi nel reticolo idrografico".
Com’era quella cosa delle cavallette?