Papa Francesco corregge il Padre Nostro. "La traduzione è sbagliata"

"Dio non ci induce in tentazione. Facciamo come i francesi"

Papa Francesco (Ansa)

Papa Francesco (Ansa)

Roma, 6 dicembre 2017 - E' la preghiera più celebre, quella che per ogni cristiano è segno di distinzione. Eppure il Padre Nostro, l’orazione che secondo il Vangelo di Luca fu insegnata da Gesù stesso ai suoi discepoli che gli chiedevano come pregare, dopo duemila anni è ancora al centro di una controversia su cui adesso ha deciso di intervenire direttamente Papa Francesco. Quello che non va bene, dice Bergoglio, è la traduzione in uno dei passaggi più conosciuti e cioè quando si invoca Dio perché «non ci induca in tentazione». Sbagliato. Perché a indurre in tentazione non è Dio ma Satana. Francesco ne ha parlato durante la settima puntata di ‘Padre nostro’ – il programma in cui il Pontefice si lascia intervistare da un prete delle periferie, don Marco Pozza – che sarà trasmessa questa sera su Tv2000.

Nella preghiera, spiega Francesco, Dio che ci induce in tentazione «non è una buona traduzione. Anche i francesi hanno cambiato il testo con una traduzione che dice ‘non lasciarci cadere nella tentazione’: sono io a cadere, non è lui che mi butta nella tentazione per poi vedere come sono caduto. Un padre – sottolinea Bergoglio – non fa questo, un padre aiuta ad alzarsi subito». «Quello che ti induce in tentazione – chiarisce il Papa – è Satana, quello è l’ufficio di Satana».

Francesco allude alla traduzione francese andata ufficialmente in uso con l’inizio del nuovo anno liturgico. In realtà anche la Cei nella nuova traduzione della Bibbia, ufficializzata nel 2008, aveva già modificato l’ambiguo passaggio con la traduzione ‘Non abbandonarci alla tentazione’, una formula ritenuta più confacente con «l’azione globale di Dio nei confronti dell’uomo». Allo stesso modo si è pronunciato anche Benedetto XVI nel suo volume Gesù di Nazaret, in cui aveva spiegato che la traduzione idonea è proprio ‘non abbandonarci nella tentazione’. Finora, però, nelle liturgie correnti è rimasto l’uso della vecchia traduzione, un’abitudine dura a morire tra i fedeli.

«L'invocazione a Dio nel Padre nostro, è stata sempre problematica nell’immaginario dei cristiani – spiega a Qn il teologo don Mauro Cozzoli –. Perché dà l’impressione che sia Dio il tentatore, che vuole mettere alla prova i suoi figli. Il che mal si concilia col volto paterno di Dio rivelatoci da Gesù nei Vangeli. È incompatibile con l’invocazione ‘Padre nostro’ con cui ci rivolgiamo a Dio nella preghiera dei figli che Gesù ha insegnato. L’intervento del Papa è quanto mai opportuno. La traduzione della Chiesa francese, recita Ne nous laisse pas entrer en tentation : ‘Non lasciarci entrare in tentazione’, ma il Papa avverte che sono io a cadere, non è Dio che mi butta nella tentazione, per poi vedere come sono caduto. Un padre non fa questo».

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