Mercoledì 24 Aprile 2024

Padre e figlio si ribaltano con il sidecar Già cinque vittime nella ’gara della morte’

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Un morto al giorno, l’elenco si aggiorna con una frequenza terrificante e con dettagli agghiacchianti: ieri a perdere la vita nel Tourist Trophy, la ’corsa della morte’ che dopo la pausa per la pandemia è tornata a mietere vittime sulle strade dell’Isola di Man, sono stati padre e figlio che si trovavano sullo stesso sidecar. Nella storia della gara i morti sono saliti a quota 266, cinque dei quali solo in questa edizione iniziata pochi giorni fa. Per chi non conoscesse la particolarità di questa gara fuori da ogni logica e proprio per questo motivo capace di stregare molti aspiranti campioni, il Tourist Trophy è una corsa motociclistica che si tiene sull’Isola di Man, nel mare d’Irlanda. È una gara stradale, tradizione che ormai resiste solo nel Regno Unito: sui 60,5 km di asfalto a volte rovinato che attraversa i paesi sfiorando marciapiedi e muretti, i concorrenti si sfidano a cronometro, partendo da soli a cadenza programmata. Può partecipare chiunque, e infatti il grosso dei concorrenti è composto da gente che durante la settimana magari fa l’idraulico o l’impiegato.

Ci sono anche i professionisti, ci sono stati anche in passato: uno dei più vittoriosi è stato Giacomo Agostini, che dopo la morte dell’italiano Gilberto Parlotti (cinquant’anni fa, commemorato giusto l’altro giorno a Trieste) decise di non partecipare più e che ha sempre detto di sentirsi un sopravvissuto. Cosa che non potranno dire Roger e Bradley Stockton, britannici di 56 e 21 anni rispettivamente, padre e figlio, che ieri sono morti in un incidente durante la gara.

Erano venuti da Crewe, nel Cheshire, per inseguire il loro sogno. Hanno trovato la morte nella curva ai piedi della collina di Bray che porta proprio il nome di Agostini, la Ago’s leap. Roger guidava, Bradley era al posto del passeggero. Il padre era già alla ventesima partecipazione, spesso si era piazzato tra i primi dieci. Suo figlio era all’esordio nella kermesse, insieme avevano centrato l’ottavo posto nella prima gara lunedì. Correvano insieme da cinque anni. Gli organizzatori hanno espresso il loro cordoglio, ma di fermare la gara non se ne parla proprio. Chi si iscrive sa benissimo quanto rischiosi siano quei sessanta chilometri, con tratti che i motociclisti percorrono a quasi 300 all’ora. Non i sidecar, ovviamente, ma questo non sembra fare tante differenza: prima degli Stockton, un altro concorrente di questa specialità era morto, con un dettaglio che rende ancora più crudele il bilancio. Perché secondo i resoconti dell’organizzazione, era spirato il francese Olivier Lavorel, che invece è in gravissime condizioni, ma vivo. È stato il compagno di gara Cesar Chanal, invece, a morire sul colpo.

Doriano Rabotti