Orrore senza fine in Iran Si toglie il velo a scuola: arrestata e violentata Muore un’altra 14enne

Scomparsa anche la madre della ragazzina che aveva denunciato lo stupro . La ong: "I principali nemici del regime sono i più giovani e vogliono fermarli. Per farlo utilizzano qualsiasi mezzo, anche gli abusi sessuali e la tortura"

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di Riccardo Jannello

Contro le proteste che si allargano in Iran con manifestanti di ogni età, la rieducazione, come la chiamano le autorità della Repubblica Islamica, passa anche attraverso lo stupro. Una quattordicenne di una famiglia povera della periferia di Teheran era in una cella della polizia morale che l’aveva trovata a scuola senza velo: toglierselo era stata una forma di protesta. Masooumeh, questo il suo nome, dopo l’arresto è stata colta da una violenta emorragia vaginale, qualsiasi cura in ospedale è risultata inutile. La violenza sessuale è una punizione: la denuncia è di Center Human Rights, una ong che opera in Iran e che ha diffuso la notizia sui siti americani. E le violenze reciproche avverrebbero talvolta fra gli stessi detenuti, maschi compresi, costretti dai loro aguzzini. Per quanto riguarda la vicenda di Masooumeh, sarebbe scomparsa anche la madre che voleva denunciare l’accaduto. La sua potrebbe essere un’ulteriore morte bianca. L’orrore fisico, la tortura, sono applicate costantemente contro i manifestanti. I pasdaran usano ogni mezzo per frenare i giovani che chiedono riforme sia dal punto di vista dei diritti sociali sia per un paese che economicamante possa essere migliore.

C’è anche la notizia che l’autopsia su Nika, una sedicenne morta qualche giorno fa che era stata fermata per avere bruciato il velo, ha rivelato fratture su tutto il corpo, cranio compreso: le vittime prelevate dalla polizia morale subiscono qualsiasi sopruso e poi vengono lasciate morire nelle carceri speciali o addirittura sulla strada. Secondo il direttore di Human Rights, Hadi Gaemi, la violenza viene perpetrata anche su bambine e bambini, sottoposti a torture fisiche e psicologiche sia a scuola sia in centri di reclusione. "I ragazzini e le ragazzine sono diventati una caratteristica distintiva del movimento del paese per il cambiamento sociale e politico" dice Gaemi. Nonostante queste atrocità e una repressione sempre più malvagia, la protesta non si ferma da quel 16 settembre in cui morì, dopo tre giorni di agonia per un’emorragia cerebrale, la ventiduenne Mahsa Amini, diventata il simbolo della lotta delle donne iraniane e poi anche degli uomini. Dal suo hijab uscivano dei capelli e ciò non era piaciuto alla polizia morale che l’ha arrestata.

In quel caso la versione delle autorità sul suo decesso fu un infarto, ma testimoni la videro sbattuta a terra dai miliziani. Il bilancio delle vittime da quel giorno è arrivato a numeri impressionanti: almeno 500, oltre a quelli giustiziati come fomentatori dei disordini, a partire da Mohsen Shekari condannato a morte e ucciso l’8 dicembre. Intanto le reazioni internazionali alla situazione del paese mediorientale si moltiplicano. Ieri è intervenuto anche il nostro presidente, Sergio Mattarella: "Quanto sta avvenendo in Iran supera ogni limite e non può essere accantonato. Viene calpestato il nostro sistema di valori che ha al centro dignità umana e rispetto della persona".